mercoledì 4 settembre 2024

MaXXXine

Ti West

Il citazionismo di Ti West non è un atto d’amore romantico come quello di Tarantino. Tarantino, per esempio, può introdurre in un film un personaggio di nome Colonnello Fenech, e a noi amanti delle commedie italiane si riscalda il cuore per l’omaggio a Edwige Fenech. Quello di West è un citazionismo che ha il senso di riflettere sul cinema replicando, non senza uno sguardo ironico-critico, un tempo e il cinema di quel tempo. In un’intervista il regista diceva che non userebbe obiettivi sconosciuti all’epoca cinematografica di cui parla.
Nella trilogia con la fantastica Mia Goth, X – A Sexy Horror Story riporta lo splatter degli anni ‘70 (per inciso, certe cose che oggi appaiono originalissime erano comuni nel cinema dell'epoca; basta pensare ai monologhi deliranti di Quel motel vicino alla palude, Tobe Hooper 1976, un film che West tiene assai presente). Nel capolavoro Pearl, con una sfasatura temporale il 1918 viene rivisto innestando l’horror sul glamour dai vivi colori delle commedie musicali d'antan, fra Il mago di Oz e Mary Poppins, con Pearl come perfetta Cenerentola sognante disneyana (ma la scena coi morti a tavola è puro Texas Chainsaw Massacre). MaXXXine ci porta nel 1985, incrociando il filone poliziesco-vendicativo (sul quale dai ‘70 arriva l’ombra lunga delle figure iconiche di Charles Bronson e Clint Eastwood, puntualmente citati nel dialogo) con il giallo all’italiana: di lì viene la figura dell’assassino misterioso in nero coi guanti e il pugnale seghettato. In questi film sul cinema, da notare il doppio regime fotografico dell’inquadratura.
MaXXXine ci porta nel 1985, incrociando il filone poliziesco-vendicativo (sul quale dai ‘70 arriva l’ombra lunga delle figure iconiche di Charles Bronson e Clint Eastwood, puntualmente citati nel dialogo) con il giallo all’italiana: di lì viene la figura dell’assassino misterioso in nero coi guanti e il pugnale seghettato. In questi film sul cinema, da notare il doppio regime fotografico dell’inquadratura.
In MaXXXine, il personaggio di Mia Goth finalmente arriva allo status di diva (questo è a tal punto il filo rosso della trilogia che se il nome non fosse stato già occupato avrebbe potuto chiamarsi Fame); così arriva a conclusione un processo durato tre film e più di sessant’anni, se consideriamo che Mia Goth/Maxine incontrava se stessa nella figura di Pearl. Ora col nome di Maxine Minx è una star del cinema porno, ormai diventato legale: ricordiamo la predizione del giovane proiezionista del 1918 in Pearl! Maxine però vuole passare al cinema “vero”, come Marilyn Chambers, qui menzionata; e ottiene il ruolo protagonista nell’horror La puritana II. Nota in margine (Ti West è un regista-sceneggiatore così ricco che ci vorrebbe una nota in margine a ogni riga): in una trilogia con forti connotazioni del mondo agricolo e tradizionalista come questa, il riferimento a Salem e alla presenza del diavolo entra particolarmente bene. Quando Maxine recita il monologo sul diavolo (“Satan is back”) nelle selezioni per la parte, è inquadrata frontalmente e parla guardando in macchina: è il punto di vista della commissione, ma lei non si rivolge solo ai selezionatori: si rivolge a noi spettatori.
In quei giorni Hollywood è terrorizzata dal serial killer (realmente esistito) detto il Night Stalker, e attorno a Maxine si verificano crudeli omicidi che colpiscono le sue colleghe del porno. Inoltre Maxine è perseguitata da un più che losco detective privato (Kevin Bacon), dal naso incerottato (grazie a lei) come Jack Nicholson in Chinatown. Una coppia di poliziotti che sembra rappresentare una parodia di quelle delle serie televisive indaga senza ottenere la sua collaborazione. C'è un tocco di deliziosa ironia quando la poliziotta va a prendere dal distributore delle bibite una Coke per Maxine – che vediamo farsi di cocaina, coke, per tutto il film.
Lo svolgimento thriller non consente di fare spoiler; anche se tutti quelli che hanno visto X – A Sexy Horror Story sanno bene cosa aspettarsi da Maxine, che è tough as nails, e quando dice “Sai cosa è successo all’ultima persona che ha cercato di uccidermi? Le ho schiacciato il cazzo di testa!” non fa altro che ricordarci quel che sappiamo. Tuttavia non si può non menzionare l’omaggio al Bates Motel, che compare tra gli studios, con casa Bates dietro in tutta la sua nera potenza. Perché non è solo un omaggio a Hitchcock, il più grande di tutti, ma una dichiarazione di principio: Ti West, nel dialogo del film, si riallaccia esplicitamente al suo programma eversivo di far emergere i nostri demoni interiori, ed usa come portavoce un suo autentico alter ego che è la regista Liz Bender (Elizabeth Debicki).
Ricchezza di Ti West! Che crea film estremamente compatti e interconnessi, pieni di collegamenti sia al proprio interno sia all’esterno, cioè entro il corpo della trilogia. Spingendo la credibilità al limite (l'agente di Maxine) ma senza mai cadere in un’implausibilità contraddittoria che rovina il film (qualcuno ha detto Shyamalan?), MaXXXine è sanguinoso, divertente ed emozionante, con un convulso finale nella villa degli assassinii dove la frenesia dà ragione a Liz quando diceva “La cosa più preziosa che abbiamo è il tempo”.
Infine lei raggiunge il successo, incarnando letteralmente i due paradigmi dello stardom biondo: la bionda hitchcockiana (parole di Liz) e Marilyn Monroe (la scena della prima del film). Un allargamento di visuale finale (che ricorda un altro Psycho, quello di Gus Van Sant) ci porta in volo sopra Hollywood ricordandoci che quello che abbiamo visto è un film sull’anima di Hollywood (un’anima nera – ma al cinema questa non è una novità); ma è anche un film sull'anima di Maxine. Due anime che coincidono.

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