Ti West
Il
citazionismo di Ti West non è un atto d’amore romantico come
quello di Tarantino. Tarantino, per esempio, può introdurre in un
film un personaggio di nome Colonnello Fenech, e
a noi amanti delle commedie
italiane si riscalda il cuore per l’omaggio a Edwige Fenech. Quello
di West è
un citazionismo che ha il
senso di riflettere sul cinema replicando, non senza uno sguardo
ironico-critico, un tempo e il cinema di quel tempo. In un’intervista
il regista diceva
che non userebbe obiettivi sconosciuti all’epoca cinematografica
di cui parla.
Nella
trilogia con la fantastica
Mia Goth, X – A Sexy Horror
Story riporta lo
splatter degli anni ‘70 (per inciso, certe cose
che oggi appaiono originalissime erano comuni nel cinema dell'epoca;
basta pensare ai monologhi deliranti di Quel motel vicino alla palude, Tobe
Hooper 1976, un film che West tiene assai presente). Nel capolavoro
Pearl, con una sfasatura temporale il 1918 viene rivisto innestando
l’horror sul glamour dai vivi colori delle
commedie musicali d'antan, fra Il mago di Oz e Mary
Poppins, con Pearl come perfetta Cenerentola sognante disneyana (ma
la scena coi morti a tavola è puro Texas Chainsaw Massacre).
MaXXXine ci porta nel 1985,
incrociando il filone
poliziesco-vendicativo
(sul quale dai ‘70 arriva
l’ombra lunga delle figure iconiche di Charles Bronson e Clint
Eastwood, puntualmente citati nel dialogo) con il giallo
all’italiana: di lì viene la figura dell’assassino misterioso
in nero coi guanti e il
pugnale seghettato. In questi
film sul cinema, da notare il doppio regime fotografico
dell’inquadratura.
MaXXXine ci porta nel 1985,
incrociando il filone
poliziesco-vendicativo
(sul quale dai ‘70 arriva
l’ombra lunga delle figure iconiche di Charles Bronson e Clint
Eastwood, puntualmente citati nel dialogo) con il giallo
all’italiana: di lì viene la figura dell’assassino misterioso
in nero coi guanti e il
pugnale seghettato. In questi
film sul cinema, da notare il doppio regime fotografico
dell’inquadratura.
In
MaXXXine, il personaggio di Mia Goth
finalmente arriva allo status di diva
(questo
è
a tal punto il filo rosso della trilogia che se il nome non fosse
stato già occupato avrebbe potuto chiamarsi Fame);
così arriva a conclusione un
processo durato tre film e più di sessant’anni, se consideriamo
che Mia Goth/Maxine incontrava se stessa nella figura di Pearl. Ora col
nome di Maxine Minx è
una star del
cinema porno, ormai
diventato legale: ricordiamo
la predizione del giovane proiezionista del
1918 in Pearl!
Maxine
però vuole passare al cinema
“vero”, come Marilyn Chambers, qui menzionata; e ottiene il
ruolo protagonista nell’horror
La puritana II. Nota in margine (Ti West è un regista-sceneggiatore
così ricco che ci vorrebbe una nota in margine a ogni riga): in una
trilogia con forti
connotazioni
del mondo agricolo e
tradizionalista come questa,
il riferimento a Salem e alla presenza
del diavolo entra
particolarmente bene. Quando
Maxine recita il monologo sul diavolo (“Satan is back”) nelle
selezioni per la parte, è inquadrata frontalmente e parla guardando
in macchina: è il punto di vista della commissione, ma lei
non si rivolge solo ai
selezionatori: si rivolge a noi spettatori.
In
quei giorni Hollywood
è terrorizzata dal serial killer (realmente esistito) detto il Night
Stalker, e attorno a Maxine si verificano crudeli omicidi che
colpiscono le sue colleghe del porno. Inoltre
Maxine è
perseguitata da un più che losco detective privato (Kevin
Bacon), dal naso incerottato
(grazie a lei)
come Jack Nicholson in Chinatown. Una coppia di poliziotti che sembra
rappresentare una parodia di quelle delle serie televisive indaga
senza ottenere
la sua collaborazione.
C'è un tocco di deliziosa
ironia quando la poliziotta va a prendere dal distributore delle
bibite una Coke per Maxine – che vediamo farsi di cocaina, coke,
per tutto il film.
Lo
svolgimento thriller non consente di fare spoiler; anche
se tutti
quelli che hanno visto X
– A Sexy Horror Story sanno
bene cosa aspettarsi da Maxine, che è tough as nails, e quando dice
“Sai cosa è successo all’ultima persona che ha cercato di
uccidermi? Le ho schiacciato il cazzo di testa!” non fa altro che
ricordarci quel che sappiamo.
Tuttavia non si può non
menzionare l’omaggio al
Bates Motel, che compare tra
gli studios, con casa Bates
dietro in tutta la sua nera
potenza. Perché non è
solo un omaggio a Hitchcock, il più grande di tutti, ma
una dichiarazione di principio:
Ti West, nel dialogo del
film, si
riallaccia esplicitamente al suo programma eversivo di
far emergere i nostri demoni
interiori, ed usa
come portavoce un
suo autentico alter ego che è la regista Liz Bender (Elizabeth
Debicki).
Ricchezza
di Ti West! Che
crea film estremamente compatti e interconnessi, pieni di
collegamenti sia al proprio interno sia all’esterno, cioè entro il
corpo della trilogia. Spingendo la credibilità al limite (l'agente
di Maxine) ma senza mai cadere in
un’implausibilità contraddittoria che rovina il film (qualcuno ha
detto Shyamalan?), MaXXXine è
sanguinoso, divertente ed
emozionante, con un convulso
finale nella villa degli assassinii dove la frenesia dà ragione a
Liz quando diceva “La cosa
più preziosa che abbiamo è il tempo”.
Infine
lei raggiunge il successo, incarnando letteralmente i due paradigmi
dello stardom biondo: la bionda hitchcockiana (parole di Liz) e
Marilyn Monroe (la scena della prima del film). Un allargamento di
visuale finale (che ricorda un altro Psycho, quello di Gus Van Sant) ci
porta in volo sopra Hollywood ricordandoci che quello che abbiamo
visto è un film sull’anima di Hollywood (un’anima nera – ma al
cinema questa non è una novità); ma è anche un film sull'anima di
Maxine. Due anime che coincidono.
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