Appena passato al
Teatro Nuovo di Udine, il Don Giovanni di Molière diretto da
Valerio Binasco, con Gianluca Gobbi nel ruolo e Sergio Romano come
Sganarello, è una messa in scena assai bella che riproduce Molière
con fedeltà – i piccoli spiritosi riferimenti contemporanei, come
il TSO e gli psicofarmaci quando Don Giovanni si divide
freneticamente fra Charlotte e Mathurine cercando di convincere
ciascuna che l'altra è pazza, non annacquano l'aderenza al testo ma
anzi, come lievi tocchi di humour, la rinforzano. Non è una
modernizzazione ma una messa in scena moderna, che è esattamente il
contrario.
Dimenticatevi Ruggero
Raimondi spettrale in nero nel Don Giovanni di Mozart diretto
da Losey. Il concetto di Valerio Binasco, come ha abbondantemente
dichiarato, è di proporre una lettura di Don Giovanni diversa dalla
“figura vampiresca e tardoromantica” cui siamo abituati. Gianluca
Gobbi è anzi felicemente carnale, corpulento e tatuato, ridanciano e
chiassoso, e veste come la guardia del corpo di un cravattaro. Il suo
Don Giovanni è, come si direbbe a Roma, un impunito.
E' un uomo del qui ed
ora, di una golosità egocentrica tutta materiale e immediata. Quel
che è toccante è che ha dei brevi momenti d'angoscia, celati
all'ingenuo Sganarello ma non agli spettatori; e però li mette da
parte come un bambino con uno scuotere di testa e un nuovo
pensiero-giocattolo. E ciò non per fermezza d'anima o per un partito
preso filosofico “sadiano”. Anzi, se Don Giovanni è il prototipo
storico dell'esprit fort, questo Don Giovanni è piuttosto il
prototipo dell'esprit faible – l'uomo infantile della nostra
epoca. I suoi scherzi crudeli con Sganarello, che porta in fronte e
sulla schiena il segno dei colpi del padrone, sono proprio quelli di
un bambino prepotente.
La coppia Don
Giovanni/Sganarello porta sul palcoscenico una presenza trascinante,
un vero balletto dialettico che avrebbe fatto felice Molière,
con un delizioso uso del movimento, nel quale il gioco di Sganarello
fra sottomissione timorosa e ribellione morale si trasforma a tratti
in momenti di esilarante complicità, come davanti alla statua del
Commendatore. Più che poli dialettici sono una scintilla continua,
un interscambio ininterrotto, due opposte clownerie, una coppia di
Vladimiro ed Estragone della morale.
Lo
spettacolo, dove le intelligenti scenografie di Guido Fiorato
producono la ricchezza visuale tramite un'elegante semplicità, è
vivo e trascinante, con numerose belle invenzioni di regia. Anche il
fatto che Pierrot parli in napoletano non è un capriccio modernista
ma rende il francese contadino usato da Molière nella scena (anche
in questo grande precursore). La soluzione di trasformare il falso
pentimento di Don Giovanni in una corrispondenza con il padre è un
tocco vivace, che rima dal punto di vista spaziale con la scena già
citata con Charlotte e Mathurine – anche se così è costretta a
rompere quell'unità di tempo che viene riaffermata subito dopo, con
effetto un po' spiazzante, dall'apparizione di Don Carlos che reclama
il duello. Mentre è da vedere piuttosto come una concessione al
femminismo contemporaneo l'esortazione morale di Donna Elvira
recitata (con bravura dell'interprete Giordana Faggiano) come un
discorsetto imparato a memoria su imposizione dei fratelli.
Anche
se la morte di Don Giovanni non ha il consueto carattere di
cataclisma, la scena in cui la statua del Commendatore muove la testa
dopo l'invito a cena è perfettamente concepita, e con la lentezza e
la direzione del movimento restituisce quell'elemento inquietante che
noi spettatori di solito non sentiamo, dandolo per scontato come
passaggio il più noto del testo. Da notare che subito dopo
l'annichilazione di Don Giovanni, lo spettacolo riprende la prima
versione molièriana del finale, quello comico con la battuta di
Sganarello “La mia paga! La mia paga!”, anziché il breve
discorso morale che vi fu sostituito dopo le prime rappresentazioni.
E', questo, in linea con un orizzonte tutto terreno dei personaggi –
al quale dobbiamo una nuova percezione del burlador de
Sevilla rispetto a quella che
avevamo.