sabato 19 aprile 2025

Generazione romantica

Jia Zhangke

Boyhood è un film di fiction di Richard Linklater – girato nell’arco di 12 anni! Il regista regista ha riunito ogni anno lo stesso cast di attori bambini e adulti, seguendo nella storia il protagonista da quando ha sei anni a quando ne ha 19. Ancora più radicale però è Generazione romantica, film bellissimo, e non facile, del maestro cinese Jia Zhangke. Jia ha raccolto vent’anni di suoi spezzoni disparati, girati senza continuità e in vari formati, e li ha rimontati (comprendendo anche scene di un paio di suoi film) in modo da costruire una storia. Solo la superba parte finale, che si svolge al tempo del Covid, è stata girata ad hoc. Ma che cos’hanno in comune queste due opere oltranziste? Questo: voler inserire la dimensione verticale del tempo dentro la dimensione orizzontale (e il tempo fittizio) della narrativa.
È un’operazione di avanguardia, che genera un film potente, enigmatico e ricchissimo. Per seguirlo, conviene abbandonarcisi: farsi trascinare dalla sua corrente, come nel titolo internazionale Caught by the Tides. Si tratta di una storia d’amore infelice, con dialoghi sostituiti dai tristi SMS che la protagonista Qiao Qiao (Zhao Tao, musa e compagna di Jia) manda a Bin, l’uomo che l’ha abbandonata con la scusa di cercar fortuna nel boom delle costruzioni in tutt’altra parte della Cina (dove è diventato un piccolo malvivente) – e che lei va a cercare. Si ritrovano nel finale nel freddo grigiore del Covid, invecchiati e intristiti, in un incontro silenzioso.
Fra i molti rivoli del film, uno, forse il più stupefacente, si riferisce ai robot: che paradossalmente offrono forse l’unico momento di comunicazione vis-à-vis, alla fine del film, in un mondo dove la comunicazione si svolge sugli schermi dei cellulari. Ma forse – forse – il grido di Qiao Qiao quando prende a correre in una maratona notturna, grido che conclude l’opera, ha un valore di allusione a una possibile rinascita.
Se i dialoghi, nel film di Jia, sono rari, la centralità delle canzoni rende Generazione romantica quasi un film musicale. Le canzoni restano, magari mutate nel modo di accoglierle – dalla celebrazione iniziale della primavera del nuovo millennio, allo spettacolo per una platea di vecchi chiedendo le mance, a un complesso che canta per strada nel gelo – mentre il mondo cambia. I testi talvolta accompagnano in didascalia il racconto in bianco sul fondo nero, con la stessa forma grafica degli SMS.
Contestualmente alla storia di Qiao Qiao e Bin, non separata da essa bensì in un gioco di rispecchiamento, Generazione romantica è la storia di vent’anni della Cina contemporanea. Dall’ottimismo dell'epoca dell’apertura al mondo (le Olimpiadi, il WTO) fino all'esplosione del Covid, si passa via via a una lunga decadenza, non del Paese, ma delle speranze individuali. Ne è simbolo il totalitario volontarismo faraonico della Diga delle Tre Gole, per costruire la quale il governo ha fatto sommergere città e villaggi. Questa ferita è un’ossessione del cinema di Jia; e le sue immagini “documentarie” qui inserite – l’uomo col cartello “Ingiustizia”, gli oggetti abbandonati sulle macerie, la scritta su un muro: “Addio” – rappresentano il momento più alto e straziante del film.

giovedì 17 aprile 2025

The Last Showgirl

Gia Coppola

La fine del “Jubilee”, uno show di Las Vegas con 55 bellezze in topless, ha ispirato l’opera teatrale di Kate Gersen da cui Gia Coppola (nipote di Francis Ford) ha tratto “The Last Showgirl”. Il film si avvale di un’interpretazione viva e sensibile della ritrovata Pamela Anderson nel ruolo della protagonista, la ballerina Shelly; ma ricordiamo anche una grande Jamie Lee Curtis nel ruolo della coriacea amica Annette e il bravo Dave Bautista nei panni di Eddie, innamorato timido senza fortuna (ma chissà? Nella vita, e questo film è molto vicino alla vita, non si può mai dire).
A 57 anni, Shelly è ancora la star dello show sexy Le Razzle Dazzle: nota l’ingenuo francesismo di quel “Le”, che rimanda a “folies” parigine che non dicono niente all’America volgare di trent’anni dopo. Infatti arriva la notizia che lo show sta per chiudere. All’ovvia preoccupazione si aggiungono i problemi di Shelly con la figlia estraniata. Shelly ha proseguito la sua carriera facendo il possibile per lei, affidata ad amici, ma la figlia glielo rimprovera, e disprezza quello spettacolo “nudie” quando va a vederlo (per i giovani “empatia” è un termine fantascientifico).
Siamo onesti: all’inizio l’abuso della macchina da presa a mano è sgradevole; ma poi, come succede, Gia Coppola si calma, e il film prende ala. Toccando con sincerità tutta una serie di questioni importanti, traccia a piccoli tocchi impressionistici un bel ritratto convincente, dentro quegli ambienti di sconfitta e resistenza umana che ci ha illustrato Sean Baker. Sarà pure un “nudie”, il suo show, ma Shelly rivendica il diritto che ha una donna di perseguire una carriera, e che anche la bellezza, il piacere di essere guardata, è un valore. E la sua apparizione “in gloria” nell’ultimo spettacolo, enunciata solo alla fine, commuove.

(“Messaggero Veneto”)

sabato 5 aprile 2025

The Shrouds - Segreti sepolti

David Cronenberg 

Non è facile dar conto senza pesanti spoiler del nuovo film (discusso e secondo chi scrive assai bello) di David Cronenberg, The Shrouds. Non è facile per una ragione generale – The Shrouds è un bizzarro thriller – ma soprattutto per una ragione particolare: questo film parte da un’idea (funerea e molto cronenberghiana) ma poi cambia, si estende, si sviluppa in anse come un fiume nella pianura, fedele al presupposto ma ridefinendolo, cosicché par di trovarsi a vedere di svolta in svolta un film diverso. Se dovessimo indicare un film precedente, nella filmografia cronenberghiana, al quale questo si potrebbe collegare… magari qualcuno si stupirà, ma menzioneremmo l’estremistico (fin dal titolo) eXistenZ per la sua natura di progressiva ridefinizione della realtà.
Ma partiamo dall’inizio. Cosa sono gli shrouds? Nel dialogo vengono menzionati sì i sudari, ma anche la Sindone. Sono dei sudari tecnologici, una specie di bozzoli, simili a un cappotto alieno, nei quali si possono avvolgere i cadaveri prima di deporli nella tomba. Gli shrouds servono alla più macabra (ai nostri occhi) delle invenzioni: attraverso un sistema di telecamere collegato a un monitor sulla tomba, consentono di vedere cosa accade al corpo nella sepoltura. Macabro, sì – ma tanto il protagonista vedovo Karsh (Vincent Cassel) nel film quanto il suo creatore David Cronenberg, sceneggiatore e regista, dichiarano a tutte lettere il loro ateismo; il corpo è l’unica realtà, dice Cronenberg (ripetendolo in uno streaming che ha preceduto l’anteprima del film in sale selezionate), e quando il corpo svanisce non c’è più nulla. Ecco allora che questo “poter vedere” il cadavere diventa una cupa e disperata mossa per dargli una continuità, come una sopravvivenza virtuale, durante gli anni del lutto. In sintonia con la nostra epoca, ci è facile osservare, con la sua feticistica preminenza della visione sulla memoria.
È evidente che si ritrovano qui tutte le ossessioni di Cronenberg, dalla carne e la sua mutazione innestata dalla tecnologia all’estremismo dello sguardo. Il contatto visivo coi defunti – che significa, nell’orizzonte del film, col loro corpo – è solo l’aspetto più audace della carnalità del film. Dove ritroviamo – nel rapporto di Karsh con le sue donne – il “corpo chirurgico” segnato da cicatrici e amputazioni, che attraversa l’opera di Cronenberg da Crash a Map to the Stars a Crimes of the Future (i nuovi organi come opere d’arte). Il pensiero corre anche agli "strumenti ginecologici per mutanti" di Inseparabili
Però un atto di vandalismo su alcune tombe di questo nuovo cimitero tecnologico introduce nel film l’elemento thriller che si dispiega in un intrico di inganni, doppio gioco, teoria del complotto, sfociando in una storia di spionaggio in cui entrano in causa i nostri nemici russi e cinesi. Perso in quest’intrico, il protagonista non sa più cos’è verità, cos’è menzogna, cos’è tecno-inganno (è vero quello che vede sul monitor?), cos'è sicurezza (anche sull'avatar di Karsh, l'assistente perfetta, si stende un'ombra di ambiguità), cos'è paranoia (il complotto dei medici e le storie di Stalin!) e, infine, cos’è sogno. The Shrouds – pur così carnale – si allontana dalla carne per approdare allo sfaldarsi della realtà. 
Le sue donne sono rifrazioni della stessa donna (Diane Kruger) - e l'unica che non lo è (Sandrine Holt) si identifica con il suo corpo mutilato nel delirio finale di Karsh. Sia attraverso la macchina impazzita della tecnologia sia attraverso la “macchina morbida” della mente (è un titolo burroughsiano, e Burroughs è uno degli autori base di Cronenberg: Il pasto nudo), quello che è tangibile si dissolve e resta la nebbia. In questa nebbia il dolore ritorna; il lutto è vorticoso.