Dopo
due produzioni deludenti (The Entertainer
di Osborne per il testo e Romeo and Juliet
per la messa in scena di Kenneth
Branagh e Rob Ashford),
la benemerita
Nexo Digital ci offre una sera di autentica felicità con uno
splendido Richard III,
il chronicle play
di Shakespeare,
diretto da Rupert Goold e
meravigliosamente interpretato da Ralph Fiennes.
La
rappresentazione inizia con il reeenactement
di un fatto di cronaca: il ritrovamento nel 2012 a Leicester della
tomba in cui fu frettolosamente sepolto Riccardo III (identificato
mediante l'esame del DNA). Ma questa resterebbe una semplice
attrazione per aprire e chiudere lo
spettacolo se il regista Rupert Goold non ne facesse il centro
attorno al quale ruota tutta la tragedia. Poiché
l'azione si svolge tutta intorno a questa fossa al centro del
palcoscenico, ora coperta da una piattaforma mobile trasparente, ora
nuda bocca spalancata. Che la scena sia il palazzo reale o le
prigioni della Torre o il campo di battaglia, i personaggi si
muovono, “danzano”, combattono intorno a questa fossa aperta
(che
è un memento, un'allegoria,
un grido muto). Vi cadono i
nemici del re e lui stesso vi cade al culmine della battaglia di
Bosworth, e vi viene sepolto con sputi. E' il perfetto simbolo di
quelli che un altro personaggio storico vittima di un altro Riccardo
III, il bolscevico Christian Rakosvskij, chiamerà “i pericoli
professionali del potere”.
L'intelligente,
convincente messa in scena di
Goold è moderna ma non
invasiva, audace ma non brutale – è delizioso perfino l'impiego di
un elemento
arrischiato come l'uso degli smartphone. Si svolge in una bella
scenografia minimale (realizzata da Hildegart Bechtler), con ottimi
costumi di Jon Morrell, la cui modernità non
è messa in crisi dall'apparizione finale delle armature. Tutta
l'ambientazione è cupa e chiusa. Anche il famoso “caldo sole di
York” evocato nel monologo iniziale (in contrapposizione
all'“inverno del nostro scontento”) da Riccardo qui non appare
affatto, e viene
ricondotto esclusivamente al
suo status di metafora.
Ottimi
tutti gli interpreti. La più potente delle invenzioni di Shakespeare
in questa tragedia è la consorteria di regine vedove e spodestate
che si aggirano nel palazzo del potere compiangendosi e lanciando
maledizioni. Fra queste spicca, inutile dirlo, Vanessa Redgrave,
un'allucinante regina Margherita. Ma questa è la tragedia di Ralph
Fiennes, eccezionale nella parte, e
degnamente paragonabile al
sommo Laurence Olivier nel suo film del 1955.
Mentre il Riccardo di Olivier
era un pedagogo del male, che rivolgendosi a noi si compiaceva di
aprirci i segreti del suo cuore, il Riccardo di Fiennes è un attore,
che irride alle sue parole nel momento stesso in cui le pronuncia
(complice
la bella regia delle riprese filmiche),
ammicca a se stesso e implicitamente a noi, raggiungendo perfino tocchi
di clownerie
sanguinaria. Ecco un altro Riccardo di Gloucester che non dimenticheremo mai.