mercoledì 8 febbraio 2017

Richard III

regia teatrale di Rupert Goold

Dopo due produzioni deludenti (The Entertainer di Osborne per il testo e Romeo and Juliet per la messa in scena di Kenneth Branagh e Rob Ashford), la benemerita Nexo Digital ci offre una sera di autentica felicità con uno splendido Richard III, il chronicle play di Shakespeare, diretto da Rupert Goold e meravigliosamente interpretato da Ralph Fiennes.
La rappresentazione inizia con il reeenactement di un fatto di cronaca: il ritrovamento nel 2012 a Leicester della tomba in cui fu frettolosamente sepolto Riccardo III (identificato mediante l'esame del DNA). Ma questa resterebbe una semplice attrazione per aprire e chiudere lo spettacolo se il regista Rupert Goold non ne facesse il centro attorno al quale ruota tutta la tragedia. Poiché l'azione si svolge tutta intorno a questa fossa al centro del palcoscenico, ora coperta da una piattaforma mobile trasparente, ora nuda bocca spalancata. Che la scena sia il palazzo reale o le prigioni della Torre o il campo di battaglia, i personaggi si muovono, “danzano”, combattono intorno a questa fossa aperta (che è un memento, un'allegoria, un grido muto). Vi cadono i nemici del re e lui stesso vi cade al culmine della battaglia di Bosworth, e vi viene sepolto con sputi. E' il perfetto simbolo di quelli che un altro personaggio storico vittima di un altro Riccardo III, il bolscevico Christian Rakosvskij, chiamerà “i pericoli professionali del potere”.
L'intelligente, convincente messa in scena di Goold è moderna ma non invasiva, audace ma non brutale – è delizioso perfino l'impiego di un elemento arrischiato come l'uso degli smartphone. Si svolge in una bella scenografia minimale (realizzata da Hildegart Bechtler), con ottimi costumi di Jon Morrell, la cui modernità non è messa in crisi dall'apparizione finale delle armature. Tutta l'ambientazione è cupa e chiusa. Anche il famoso “caldo sole di York” evocato nel monologo iniziale (in contrapposizione all'“inverno del nostro scontento”) da Riccardo qui non appare affatto, e viene ricondotto esclusivamente al suo status di metafora.
Ottimi tutti gli interpreti. La più potente delle invenzioni di Shakespeare in questa tragedia è la consorteria di regine vedove e spodestate che si aggirano nel palazzo del potere compiangendosi e lanciando maledizioni. Fra queste spicca, inutile dirlo, Vanessa Redgrave, un'allucinante regina Margherita. Ma questa è la tragedia di Ralph Fiennes, eccezionale nella parte, e degnamente paragonabile al sommo Laurence Olivier nel suo film del 1955. Mentre il Riccardo di Olivier era un pedagogo del male, che rivolgendosi a noi si compiaceva di aprirci i segreti del suo cuore, il Riccardo di Fiennes è un attore, che irride alle sue parole nel momento stesso in cui le pronuncia (complice la bella regia delle riprese filmiche), ammicca a se stesso e implicitamente a noi, raggiungendo perfino tocchi di clownerie sanguinaria. Ecco un altro Riccardo di Gloucester che non dimenticheremo mai.

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