Il
grande Kore-eda Hirokazu va in trasferta in Francia con La
Vérité (che passa al plurale,
Le verità,
nell'edizione italiana) – il che, quando il film è stato
presentato alla Mostra di Venezia, ha portato qualche bonhomme
a sostenere che è un film distante dalla sua produzione giapponese.
Non si potrebbe prendere abbaglio maggiore: poiché La
Vérité (peraltro tratto da una
pièce dell'autore) è un film iper-koreediano.
Con grazia francese, con un superbo gioco d'interpretazione fra
Catherine Deneuve e Juliette Binoche, dà corpo ai temi classici di
Kore-eda: la famiglia e la percezione degli altri.
La
Vérité è il titolo
dell'autobiografia appena pubblicata della famosa attrice Fabienne
Dangeville (Deneuve). Ah, ma non è affatto la verità, protesta
arrabbiatissima sua figlia Lumir, sceneggiatrice che vive a Hollywood
ed è tornata in visita col marito (Ethan Hawke) e la figlia bambina
(Clémentine Grenier). Fabienne: “Sono un'attrice. Non posso dire
la nuda verità. La verità non appassiona”.
Rancori e verità
nascoste vengono alla luce. Molto “koreedianamente”, attraverso
lo svolgersi della vita quotidiana il film ci mostra la guerra
neanche tanto sotterranea fra madre e figlia, legata al passato
(Lumir si sentiva trascurata) e al fantasma ingombrante di Sarah,
un'attrice rivale, che ha fatto per Lumir da madre sostitutiva. Una
guerra punteggiata di riconciliazioni a singhiozzo (“L'hai
perdonata?” - “Solo per oggi”). Fabienne è una sublime
manipolatrice – ma senza ammetterlo anche lei deve fare i conti con
il passato. Sicché la via per la pacificazione passa per il
personaggio della giovane attrice Ludivine (Ludivine Sagnier) nella
quale simbolicamente si reincarna Sarah.
Questo è un punto
nodale del cinema del maestro giapponese: la concezione di come il
passato sia irrevocabile, come il tempo dolorosamente modelli le
nostre vite in modo diverso dai progetti iniziali, e tuttavia come la
nostra visione degli altri cambi nel tempo – e sia necessario
“fissare” nei rapporti la nuova comprensione, che sola ci
permette di crescere: un nuovo equilibrio. Precario? Ma certamente!
Come tutte le cose della vita.
Se Juliette Binoche è
bravissima, Catherine Deneuve è sensazionale. In un'interpretazione
non priva di tratti autobiografici, porta quella sua natura algida a
un livello di elegante superiorità (“Non è una colpa essere
forti”, dice Fabienne) fino a una sorta di elegante cattiveria
impagabile. “Nulla d'importante, è mia figlia con la sua famiglia”
dice al giovane intervistatore quando li vede arrivare con le valigie
dalla finestra della villa. E quando il regista del film che sta
girando le dice che la sua scena va bene ma la vorrebbe più corta:
“Stiamo girando una pubblicità?” Fa già parte della storia del
cinema la sua espressione quando sente nominare Brigitte Bardot.
E', Fabienne, una sorta
di irresistibile strega (non per nulla la sua villa viene paragonata
a un castello) che tutti noi vorremmo avere come nonna (se non come
madre) – al pari della bambina del film. C'è tutto lo humour di
Kore-eda nel loro dialogo sull'amichetta méchante da
trasformare in un animale, o quando Fabienne le racconta che la
grossa tartaruga in giardino è nonno Pierre, trasformato perché
scocciava. La cosa affascinante è che, quando riappare Pierre nel
film, la tartaruga è sparita; e quando se ne va, toh, ecco che la
tartaruga compare di nuovo. Ritroviamo il “timbro” di Kore-eda:
gli animali magici.
Kore-eda è un maestro
dello scorcio narrativo. Sempre nel suo cinema c'è dietro ogni
personaggio una storia che vorremmo vedere in un film completo. Cito
solo quella del marito di Lumir (eccellente Ethan Hawke), attore di
serie televisive minori con un problema di alcool, ma vale anche per
gli altri personaggi della grande casa. Colpisce in particolare l'uso
che fa Kore-eda della mise en abyme. Questa è presente (ma
non solo) nel film-nel-film, che Fabienne sta girando a Epinay sotto
gli occhi della famiglia: un film di fantascienza psicologica alla
Christopher Nolan, in cui una figlia (Fabienne) invecchia mentre la
madre (Ludivine) resta giovane – perché vive nello spazio con rare
visite sulla Terra – per cui le loro età finiscono per invertirsi;
ed è una storia di abbandono e di confronti dolorosi, con un
bizzarro scambio fra Fabienne e Lumir. Quel ch'è notevole è che
Kore-eda, per evitare che la mise en abyme produca un'idea di
simbolismo troppo “pensato”, si diverte molto a depotenziarla: di
continuo i personaggi la notano e la commentano... laddove al cinema
la mise en abyme dovrebbe essere sempre “silenziosa”,
lasciata alla comprensione del solo spettatore.
La Vérité è
un film incantevole, divertente, intelligente e poetico. “La poesia
è necessaria al cinema”, dice Fabienne in una scena, facendo da
portavoce a Kore-eda. Siamo d'accordo con lui.