sabato 22 maggio 2021

Maternal

Maura Delpero

Attorno al concetto di maternità ruotano molte vite nel film italo-argentino Maternal di Maura Delpero, che in originale è Hogar: ossia la casa-rifugio gestita da suore dove vivono varie ragazze madri degli strati sociali bassi di Buenos Aires. In astratto la contrapposizione che il film osserva è tra queste donne incinte o con figli piccoli e le suore quasi tutte anziane. Nel concreto s'incarna nelle figure in contrasto di Luciana, una giovanissima che è madre di una bambina piccola ma non è realmente capace di esserlo, e suor Paola, una giovane italiana che sta per prendere i voti finali, e quindi non può essere madre se non nella forma, come dice la superiora, dell'“amore di madri spirituali”. Assiste al contrasto un'altra delle ragazze, Fati (Fatima), in attesa del suo secondo figlio, compagna di stanza di Luciana. Tanto Fati è riflessiva quanto Luciana è egocentrica e sciocca (va detto che il personaggio è un po' troppo programmatico). Sembra anzi all'inizio che nel film si debba instaurare una lotta tra Paola e Luciana per l'anima di Fati; ma non è così e lo sviluppo prende una via diversa. Quando Luciana fugge dallo hogar vi abbandona la bambina, Nina, che entra in crisi. Suor Paola comincia a prenderla a dormire con sé per consolarla, e da questo inizia a rivelarsi in lei un sentimento materno che il suo abito non le consente.
I capelli di suor Paola e il velo che dovrebbe coprirli diventano l'elemento simbolico principale. Infatti nella scena dove Luciana per dispetto le strappa il velo, suor Paola appare più sconvolta di quanto meriti l'offesa: senza rendersene conto quell'atto è la materializzazione di un dubbio e una tentazione inespressi. Infatti non si rimette il velo, la vediamo senza di esso in cappella, e poco dopo fugge con Nina.
Migliore nella sua seconda parte che nella prima, il film (fortemente penalizzato dal doppiaggio) culmina in una conclusione aperta per entrambe le donne, accomunate da un'analoga scena di rientro all'istituto; il drammatico primissimo piano di Luciana che conclude il film indica forse una maturazione (che può essere arrivata troppo tardi), ma anche suor Paola deve rivedere le sue scelte (bella la sua uscita sotto gli occhi delle suore scandalizzate o stupite). V'è chi ha parlato anche di sacro e profano; ma si ha l'impressione che in realtà nel film manchi la dimensione del sacro, almeno in senso cattolico (c'è beneficenza e catechismo, e un pizzico appena di ritualità), e questo può essere un limite. Il film è però capace in cambio di far intravedere quell'elemento di sacro che c'è nella maternità.
Se nella Sacra Famiglia, proposta dalle suore come modello, San Giuseppe, “padre adottivo”, rappresenta il principio maschile (però è interessante il suo carattere putativo), Hogar è un film interamente al femminile, una riflessione sulla donna e la madre, in cui gli uomini sono è solo un'assenza – ed è commovente nella sua inanità il tentativo del figlio piccolo di Fati di rassicurarla proponendosi come elemento protettivo maschile. Sul piano del racconto, se le psicologie appaiono talvolta elementari (con l'eccezione del bel personaggio di suor Paola, una bella interpretazione assai sobria di Lidiya Liberman), l'aspetto migliore del film è il valore dei gesti muti, gli sguardi, la fisicità, l'immediatezza delle cose, le corse furtive di suor Paola per l'istituto di notte o di prima mattina per nascondere un amore (per la bambina) considerato improprio. La regia molto attenta della documentarista Maura Delpero, alla sua prima opera di fiction,insiste su collegamenti significativi puntuali – come il raccordo che unisce/contrappone la menzione della Sacra Famiglia come modello e la favola del brutto anatroccolo – che aprono spazi alla riflessione.

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