sabato 29 maggio 2021

Il cattivo poeta

Gianluca Jodice

La prima cosa a imprimersi nella memoria sono i colori, nell'ottima fotografia di Daniele Ciprì: lividi, grigi, mortuari – tanto nell'Italia del fascismo nell'estrema fase totalitaria quanto nel Vittoriale, dove il vecchio D'Annunzio è diventato un oppositore del regime, ma che sembra nondimeno una tomba.
D'Annunzio è come un dente guasto. O lo si ricopre d'oro o lo si estirpa”. La famosa battuta di Mussolini è citata da Starace (Fausto Russo Alesi), segretario del partito: del quale giustamente il film recupera l'aspetto inquietante, in contrasto con una certa tendenza odierna a considerarlo quasi una macchietta. Starace convoca il giovane federale di Brescia Giovanni Comini (il bravo e sobrio Francesco Patanè) per un incarico speciale: verrà mandato al Vittoriale, ufficialmente come collegamento con Gabriele D'Annunzio, ma in realtà per spiarlo (compresi, precisa Starace, gli aneddoti piccanti). D'Annunzio è sempre più ostile al fascismo e all'alleanza con Hitler che aborre – voluta, dice, da “un pugno di ruffiani”. Il cattivo poeta segue nell'arco di due anni, dal 1936 al 1938, il cupo progredire dell'alleanza: è un precipitare dell'Italia e dell'Europa verso la tragedia, che il Comandante, come lo chiamano i suoi, preconizza (“E tu sarai testimone della mia veggenza infallibile!”); ma è anche un precipitare del poeta verso la fine.
Il film si articolo su un doppio ritratto psicologico, in una partita dove da un lato della scacchiera c'è Giovanni, giovane illuso, tormentato, spia e testimone via via preso nella disperazione lucida del poeta – e dall'altro D'Annunzio, isolato nel semi-esilio dorato del Vittoriale, monumento autocelebrativo, bric-à-brac di ricordi, quasi una piccolissima Isola d'Elba dove tenderlo confinato.
Il film contiene un bell'esempio di enunciazione ritardata del personaggio. Prima evocato nei dialoghi e in una vecchia foto, D'Annunzio compare dal vivo durante il gioco sessuale con una delle sue amanti, ma di scorcio; il viso, quella che Dario Tomasi (Il personaggio, 1988) ha battezzato “l'immagine propria” in analogia col nome proprio, viene posposta a una successiva apparizione fra gli applausi; e ciò ne amplifica la risonanza. Sergio Castellitto offre quella che potrebbe essere l'interpretazione della sua vita, molto intensa e umana al di là della banale somiglianza. Grande Castellitto anche nel rendere i due aspetti compresenti nella figura di D'Annunzio, la franchezza concreta (“L'Italia di oggi non mi ama”) e contemporaneamente l'atteggiamento recitativo, ovvero la tendenza insopprimibile a porsi in posa – aspetti compresenti perché in D'Annunzio come in altri grandi sconfitti della politica la persona e il personaggio sono così intimamente uniti da venire a coincidere nell'unità.
Nella sconfitta D'Annunzio – ed è allo stesso tempo una palinodia e un contrappasso – misura la differenza radicale fra gli ideali e la realtà politica, nonché fra l'ispirazione e le realizzazione poetica. Il film traccia anche, per bocca di una delle sue amanti, un quadro pessimistico degli italiani. “Ci sono buoni attori e cattivi attori... Agli italiani piacciono soltanto le cattive rappresentazioni”. Infatti il momento in cui D'Annunzio riconosce la sconfitta è nel vedere dal balcone a Verona le acclamazioni della folla a Mussolini che lo ha ignorato.
Il cattivo poeta è un ritratto della fragilità del poeta al declino, fra cocaina, sbocchi paranoici (la caccia ai topi), disperata preveggenza e nascosto sentimento della sconfitta. Di questa fa parte l'illusoria confidenza di D'Annunzio nella propria parola, espressa nel suo tentativo di “parlare con Mussolini”, che si dimostrerà un fallimento completo. Sotto l'ultima battaglia, persa in partenza, contro le “camicie sordide” serpeggia la considerazione della propria impotenza. In una scena importante, il Comandante sofferente incontra un gruppo di reduci di Fiume ai quali pronuncia, in divisa dal podio, uno sconsolato discorso. Ma il discorso che vediamo dal punto di vista degli ascoltatori è un controcampo: il film ci ha già mostrato la realtà del poeta di spalle, che il podio rende invisibile agli altri: sotto la giacca dell'uniforme le gambe sono in mutandoni e i piedi in ciabatte – un'immagine plastica e dolorosa del declino sotto la facciata.
L'atmosfera del film è plumbea. Bene la esprime l'architettura gelida e astratta, costruita su un'idea di grandezza come vastità, dei palazzi del regime. Quest'Italia, dove si arresta e si tortura, è avvolta da un “aere perso” di sospetto e delazione; tutti spiano tutti, come nella Russia di Stalin e nella Germania di Hitler. Quando Giovanni fa visita ai genitori, questi denunciano un loro amico da quarant'anni; poi il padre si accorge che i cerchi di vino del bicchiere posato sul giornale hanno deturpato la fotografia di Mussolini e ha un moto di spavento guardando il figlio – il quale, fra stupito e offeso: “Papà! Sono io, stai tranquillo”. Questa cappa di sorveglianza e d'incertezza è onnipresente – come onnipresente è la presenza ossessiva del faccione di Mussolini sui muri, in manifesti e pitture a matrice; lo vediamo anche nell'inquadratura del bacio fra Giovanni e Lina, come un segno di sventura. Mentre al Vittoriale la “corte” che gravita intorno a D'Annunzio è una memorabile sfilata di volti invecchiati, segnati, misteriosi, ansiosi o subdoli, quasi espressionisti. Con la sola eccezione del Comandante rabbioso e impotente, si parla per cenni e per silenzi, tutto sotto la sensazione malata di preoccupazione e di forze ineluttabili. Come dice D'Annunzio nel suo discorso ai reduci, “Sono tempi dal cielo chiuso”.
Il film, scritto e diretto da Gianluca Jodice, è prodotto da Andrea Paris e Matteo Rovere, nel 2019 rispettivamente produttore e regista del notevole Il primo re – e c'è in effetti una riconoscibilità. Ma cosa accomuna il Vittoriale dell'era fascista e le selve del Lazio di Romolo e Remo? La risposta è: non soltanto una particolarissima accuratezza di messa in scena ma un robusto massimalismo narrativo, che indica la via migliore al cinema italiano.

Nessun commento: