sabato 14 novembre 2020

Paranormal

serie tv prodotta da Amr Salama

Di serie tv horror ce ne sono tante, ma una integralmente egiziana è davvero una novità. E' appena uscita su Netflix la prima stagione (sei episodi) di Paranormal: prodotta e co-sceneggiata da Amr Salama, che ha anche diretto alcuni episodi, la serie è tratta dai romanzi del popolare scrittore egiziano Ahmed Khaled Tawfik (1962-2018).
Ambientata nei tardi anni Sessanta, Paranormal ci fa conoscere l'ineffabile dottor Refaat Ismail, che fin dall'aspetto fisico non è davvero Dylan Dog, e che si confronta con un tutto un assortimento di creature soprannaturali. Un aspetto notevole è che la serie si incentra su un antieroe autentico, con alcuni tratti francamente detestabili. Tuttavia lo spettatore arriva a un mix di comprensione e simpatia nei suoi confronti. Non per nulla Refaat è interpretato (in modo del tutto serio) da un bravo attore di commedia, Ahmed Amin.
Refaat è medico, insegna all'università, e all'inizio mostra un atteggiamento scientista spinto fino all'ottusità (dietro c'è anche un'esperienza infantile che lui, tipicamente, vuole rimuovere). Nella puntata della “naiade”, in particolare, il suo positivismo è così stupido che vien da gridargli “Ci sei o ci fai?” Refaat è un depresso, un punitore di se stesso, incapace di esprimere i propri sentimenti. Non stupisce che la sua vita sentimentale sia un disastro: è diviso fra due donne, la collega scozzese Maggie (interpretata dall'attrice anglo-libanese Razane Jammal), che lui ama ma non riesce a dirglielo, e la sfortunata fidanzata ufficiale Howaida (Aya Samaha) – va detto che la maggior carica di simpatia dello spettatore va a questa innamorata long-suffering, davvero cascata male.
Con acido umorismo, la serie gioca molto sull'opposizione fra quello che Refaat dice e quello che pensa, o vorrebbe dire – ma poi dice il contrario. La sua “voce di pensiero” accompagna lo svolgimento, con aforismi derogatori a mezza strada fra Woody Allen e il dottor House. Pessimista radicale, Refaat cita nella prima puntata la legge di Murphy – ed ha elaborato una divertente serie di “leggi di Refaat” (ce ne sono cinquantacinque, ma non le sentiamo tutte). Il guaio è che l'esperienza si incarica di mandare all'aria le sue sicurezze, e le sue leggi finiscono per essere capovolte. L'ultima puntata si chiude con le parole “Prima legge di Refaat modificata: il soprannaturale esiste, eccome!”
Anche se in ogni episodio c'è una specifica sfaccettatura del soprannaturale (il primo e l'ultimo sono circolari), più che come una serie a episodi con personaggi fissi Paranormal va considerato un racconto unico a puntate. Vista l'importanza della famiglia di Refaat nel racconto, possiamo dire che trasferisce sul piano del fantastico la forma, molto amata anche nei paesi arabi, della telenovela familiare. Vero è che, avendo visto tutti gli episodi, essere parente di Refaat non ci pare consigliabile: a parte i suoi problemi caratteriali, la morte è in agguato.
Se un punto di forza di Paranormal è quello visuale, con una particolare cura scenografica, va anche detto che la regia è sempre efficace, e le interpretazioni di contorno sono competenti nel loro tono popolaresco. L'efficace costruzione di una ghost story col fantasma di una bambina, la piccola Shiraz, in una casa infestata, nel primo episodio (con conclusione nell'ultimo) è una bella apertura della serie; l'ossessiva ripetizione del grido dei bambini che giocano a moscacieca, “Siete pronti?” – “Non ancora!”, produce un tessuto sonoro inquietante che funziona assai bene. In seguito Refaat, la sua amica Maggie e (volenti o nolenti) Howaida e i familiari incontrano una successione di minacce occulte – dove non manca neppure la classica maledizione del faraone, che è il maggior contributo dell'Egitto all'horror internazionale. Si può segnalare in particolare il pregevole quarto episodio, su una creatura acquatica spettrale che Netflix traduce un po' liberamente come “naiade”, teso e compatto, ben servito dalla location, un labirinto di piante di granoturco altissime dove ci si aggira con la lanterna nella notte.
Il sesto episodio della prima stagione chiudeva un ciclo – legato al personaggio di Shiraz – e contestualmente ne apriva un altro. Possiamo aspettare con interesse la seconda stagione.


Messaggero Veneto

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