Brad Anderson
Fogli di giornale che rotolano tristemente nelle strade della metropoli vuota - la gente è scomparsa. Quante volte abbiamo visto questa scena nel cinema americano? Possono essere la guerra atomica, le epidemie, gli zombi, i rapimenti alieni. E' un terrore sempre presente nella cultura americana (romanzi o fumetti, cinema o tv): le metropoli deserte, gusci vuoti, con file di auto abbandonate lungo i marciapiedi. L'American way of life senza più Americans. La macchina tecnologica abbandonata senza più nessuno per usufruirne.
Una variante di questa ossessione è l'interessante “Vanishing on 7th Street” di Brad Anderson, in cui la gente di Detroit (o del mondo?) è letteralmente stata divorata dal nero dell'ombra, che si sparge dove non c'è luce (intanto il giorno diventa misteriosamente sempre più corto) e quando avviluppa gli uomini li fa sparire, lasciando solo i vestiti.
Quindi tutto si gioca sull'opposizione luce/buio. Un pugno di superstiti combatte contro quest'ombra divoratrice a colpi di fonti luminose. Ma la tecnologia tradisce. Le pile elettriche vacillano e si spengono; il generatore elettrico perde colpi; e le armi da fuoco, impotenti contro l'ombra, qui servono solo a rischiare di ammazzarsi l'un l'altro sparando per sbaglio.
Sebbene la sceneggiatura sia tutt'altro che perfetta, il film ha la sua attrattiva. Il nero che è come una marea di inchiostro senziente si dilata a coprire le case e le strade, assedia le fiammelle che lo tengono precariamente a bada, insegue con ferocia le sue vittime; e questo è già inquietante. Ma avanguardia del nero sono autentiche ombre umane sussurranti; e questo è pauroso.
In un film in cui l'unico rimedio per i pochi personaggi è stare nella luce, è evidente l'addentellato religioso; ma la difesa non è automatica come nei vecchi film di vampiri; in una bella scena, l'oscurità penetra in una chiesa e copre le immagini di Cristo e dei santi. Tuttavia (attenzione, spoiler!) nel cuore della chiesa c'è la salvezza; e la conclusione rimanda chiaramente al mito di Adamo ed Eva.
Quanto detto rientra nel bilancio all'attivo del film. La parte negativa, come già accennato, sono i pesanti difetti di sceneggiatura. Quando i personaggi di un film sembrano tutti pazzi o cretini, questo è evidentemente un difetto di caratterizzazione (nota che tocca sempre alle donne e ai negri fare la figura peggiore). Inoltre, non mancano i buchi logici. Per dirne una: dovendo tenere lontana l'oscurità, com'è che - con una città vuota (e tante auto abbandonate) a disposizione - i personaggi non pensano mai a fare un bel falò? Non discendiamo mica dagli uomini delle caverne per nulla! Anche alcuni passaggi materiali dello svolgimento avrebbero beneficiato di una maggiore chiarezza, tanto più in una trama che non esclude le allucinazioni.
Brad Anderson (“L'uomo senza sonno”, “Session 9”) concretizza questa trama suggestiva ma imperfetta con una regia competente. Non privo di amabili citazioni, il film possiede indubbiamente un'atmosfera; alcune scene, come quella della chiesa, sono assai ben realizzate; e com'è bella la conclusione, coi due bambini sul cavallo che escono dal bordo inferiore dell'inquadratura in gru – prima che lo schermo sia invaso dal nero (no pun intended) dei titoli di coda.
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