venerdì 13 giugno 2014

Edge of Tomorrow - Senza domani

Doug Liman


La prima lettura è quella che più o meno hanno fatto tutti: Edge of Tomorrow – Senza domani, dove Tom Cruise continuamente muore e rinasce nella sua battaglia contro gli alieni, è ispirato ai videogiochi. Ma non è del tutto vero: gli eroi dei videogiochi hanno più vite da consumare, ma in numero finito, quindi il loro span di vita è un segmento, come il nostro. Sarebbe più pertinente citare il Walhalla vichingo, dove i guerrieri morti passano il tempo a combattere per divertimento, e i caduti rinascono il mattino dopo (oltre a quello, banchettano con un cinghiale inesauribile, idromele e birra. Se ci si aggiunge il sesso, diventa un’idea di paradiso più che attraente). Ma il bel film di fantascienza di Doug Liman ha una fonte d’ispirazione meno mitologica e certamente più probabile. E’ la commedia fantastica del 1993 Groundhog Day (Ricomincio da capo), di Harold Ramis, in cui Bill Murray, invece di passare da un giorno a quello seguente come tutti, si trova a rivivere infinitamente lo stesso giorno, e così lentamente diventa un uomo migliore.
Succede lo stesso al soldato (e ufficiale degradato) Tom Cruise in Edge of Tomorrow. Il contesto: da anni la Terra è sotto attacco da parte di invasori alieni che si sono già impadroniti dell’Europa. Ora siamo alla vigilia del contrattacco che partirà dall’Inghilterra con uno sbarco in Normandia.
Ricorda qualcosa? Sì, lo sfondo narrativo del film si concede un paio di riferimenti alle due guerre mondiali, la seconda (il sanguinosissimo sbarco in Normandia) come la prima (l’“Angelo di Verdun”). Si potrebbe aggiungere che questa prima parte, in particolare la battaglia, è così ben realizzata che quasi dispiace che lo sviluppo del racconto ci porti altrove. Fatto sta che Tom Cruise (arrestato per tentata diserzione e scaraventato senza tanti complimenti nel carnaio) viene subito ucciso. Ma siccome il suo sangue si è mischiato a quello di un alieno di grado superiore, un Alfa, ciò gli trasmette la dote dell’Omega, la mente-capo degli alieni, che li rende invincibili: la capacità di “resettare” il tempo, ricominciando a ripetizione la stessa giornata per imparare dall’esperienza ed evitare imprevisti. L’unica speranza per la Terra è trovare l’Omega e distruggerlo di sorpresa. Il film si dipana sui tentativi del protagonista, contro tutto e contro tutti (poiché nessuno gli crede) - coll’unico aiuto di una soldatessa che ha vissuto la sua stessa esperienza, una convincente Emily Blunt tough as nails.
Insomma Tom Cruise è sottoposto a un continuo reset. Il film delinea assai bene questo (quasi!) inedito procedimento “per prove & errori”; un lato bizzarramente umoristico è che, all’inizio, la sua partner e “allenatrice” gli spara in testa ogni volta che si persuade che “è meglio ricominciare”. Ora, questa impostazione concettuale offre spazio per un paio di riflessioni che vanno oltre il carattere assai piacevole, e anche emozionante, del film.
La prima: in realtà Edge of Tomorrow mette in scena un reset doppio. Non dimentichiamo che Tom Cruise all’inizio del film è un vigliacco. Il reset temporale che rappresenta l’argomento del racconto è anche la strada per un reset morale del protagonista. Lo si vede bene quando il classico sergente di ferro, prima della battaglia, intona “Domani mattina verrai battezzato, rinascerai” (lui intende, nel fuoco del combattimento – ma accadrà ben di più). Il che conferma un’arcinota riflessione teorica sul rapporto fra personaggio e star nelle sceneggiature: il personaggio è un insieme di tratti caratteriali e morali, ma anche il divo, come persona cinematografica, lo è; quando questi due fasci di tratti sono divergenti all’inizio del film, il prosieguo farà evolvere il personaggio in modo da avvicinarlo progressivamente ai tratti della star. Qui Tom Cruise cresce da vigliacco a eroe. “Sei un uomo in gamba”, gli dice Emily Blunt prima dello scontro finale – a sancire la raggiunta coincidenza tra il personaggio e l’immagine del divo di Mission: Impossible.
Ma ancora più intrigante è l’idea stessa che sta alla base di Edge of Tomorrow. Se il protagonista può superare gli ostacoli, è perché infinite volte ci è caduto ed è morto. Il suo progresso passa attraverso innumerevoli ripetizioni della giornata per arrivare al punto X in cui può apprendere (morendo) come sopravvivere un minuto oltre, e così via.
Però, quello che realmente è spaventoso non è la ripetizione delle morti: è la ripetizione delle vite. Ogni volta il protagonista (come Bill Murray in Groundhog Day) deve risvegliarsi al mattino nello stesso momento e, per arrivare al punto di svolta, rivivere penosamente, interminabilmente, ogni secondo di esistenza già passata. Una descrizione dell’inferno, o almeno del purgatorio, che interesserebbe a Jorge Luis Borges.  
Ma naturalmente questo non si vedrà sullo schermo in Edge of Tomorrow. Se già nell’ordinario il cinema sopprime i tempi morti, figuriamoci in un racconto basato sul delirio della ripetizione infinita! Così nel film tutto l’ammasso doloroso e inconcepibile del tempo rivissuto va in ellissi. Il cinema comprende l’ellissi - la vita no. Se l’inferno attraverso cui passa Tom Cruise ci spaventa al cinema, il nostro coraggio vacilla a immaginarlo nella sua realtà.

2 commenti:

Manute ha detto...

Apprezzo moltissimo il blog, ma in questo caso intervengo per pignoleria: il riferimento ai videogiochi, in realtà è calzante anche sul numero delle vite. Da tantissimo tempo infatti è finita l'epoca del "game over", per cui dopo un tot di vite si ricomincia da capo: i giocatori muoiono infinite volte e riprendono a combattere dall'ultimo punto salvato, o ,più spesso, dall'ultimo check-point raggiunto, finchè non portano a termine la missione.

giorgioplac ha detto...

Gott im Himmel! Grazie, caro amico, lo ignoravo. Sono proprio un vecchio svanito rimasto a Pacman.
Meno male che, almeno su un punto la mia interpretazione - pur indebilita - credo resti valida. L'elemento terribile nelle varie vite del film è quello di dover rivivere dall'inizio l'intero giorno...