La prima lettura è quella
che più o meno hanno fatto tutti: Edge of
Tomorrow – Senza domani, dove Tom
Cruise continuamente muore e rinasce nella sua battaglia contro gli alieni, è
ispirato ai videogiochi. Ma non è del tutto vero: gli eroi dei videogiochi hanno
più vite da consumare, ma in numero finito, quindi il loro span di vita è un segmento, come il nostro. Sarebbe più pertinente citare
il Walhalla vichingo, dove i guerrieri morti passano il tempo a combattere per
divertimento, e i caduti rinascono il mattino dopo (oltre a quello, banchettano
con un cinghiale inesauribile, idromele e birra. Se ci si aggiunge il sesso,
diventa un’idea di paradiso più che attraente). Ma il bel film di fantascienza di
Doug Liman ha una fonte d’ispirazione meno mitologica e certamente più
probabile. E’ la commedia fantastica del 1993 Groundhog Day (Ricomincio da
capo), di Harold Ramis, in cui Bill Murray, invece di passare da un giorno
a quello seguente come tutti, si trova a rivivere infinitamente lo stesso
giorno, e così lentamente diventa un uomo migliore.
Succede lo stesso al
soldato (e ufficiale degradato) Tom Cruise in Edge of Tomorrow. Il contesto: da anni la Terra è sotto attacco da
parte di invasori alieni che si sono già impadroniti dell’Europa. Ora siamo
alla vigilia del contrattacco che partirà dall’Inghilterra con uno sbarco in
Normandia.
Ricorda qualcosa? Sì, lo sfondo
narrativo del film si concede un paio di riferimenti alle due guerre mondiali, la
seconda (il sanguinosissimo sbarco in Normandia) come la prima (l’“Angelo di
Verdun”). Si potrebbe aggiungere che questa prima parte, in particolare la
battaglia, è così ben realizzata che quasi dispiace che lo sviluppo del racconto
ci porti altrove. Fatto sta che Tom Cruise (arrestato per tentata diserzione e
scaraventato senza tanti complimenti nel carnaio) viene subito ucciso. Ma
siccome il suo sangue si è mischiato a quello di un alieno di grado superiore,
un Alfa, ciò gli trasmette la dote dell’Omega, la mente-capo degli alieni, che
li rende invincibili: la capacità di “resettare” il tempo, ricominciando a
ripetizione la stessa giornata per imparare dall’esperienza ed evitare
imprevisti. L’unica speranza per la
Terra è trovare l’Omega e distruggerlo di sorpresa. Il film
si dipana sui tentativi del protagonista, contro tutto e contro tutti (poiché
nessuno gli crede) - coll’unico aiuto di una soldatessa che ha vissuto la sua
stessa esperienza, una convincente Emily Blunt tough as nails.
Insomma Tom Cruise è
sottoposto a un continuo reset. Il film delinea assai bene questo (quasi!)
inedito procedimento “per prove & errori”; un lato bizzarramente umoristico
è che, all’inizio, la sua partner e “allenatrice” gli spara in testa ogni volta
che si persuade che “è meglio ricominciare”. Ora, questa impostazione
concettuale offre spazio per un paio di riflessioni che vanno oltre il
carattere assai piacevole, e anche emozionante, del film.
La prima: in realtà Edge of Tomorrow mette in scena un reset
doppio. Non dimentichiamo che Tom
Cruise all’inizio del film è un vigliacco. Il reset temporale che rappresenta
l’argomento del racconto è anche la strada per un reset morale del
protagonista. Lo si vede bene quando il classico sergente di ferro, prima della
battaglia, intona “Domani mattina verrai battezzato, rinascerai” (lui intende,
nel fuoco del combattimento – ma accadrà ben di più). Il che conferma
un’arcinota riflessione teorica sul rapporto fra personaggio e star nelle
sceneggiature: il personaggio è un insieme di tratti caratteriali e morali, ma
anche il divo, come persona cinematografica, lo è; quando questi due fasci di tratti
sono divergenti all’inizio del film, il prosieguo farà evolvere il personaggio
in modo da avvicinarlo progressivamente ai tratti della star. Qui Tom Cruise
cresce da vigliacco a eroe. “Sei un uomo in gamba”, gli dice Emily Blunt prima
dello scontro finale – a sancire la raggiunta coincidenza tra il personaggio e
l’immagine del divo di Mission:
Impossible.
Ma ancora più intrigante
è l’idea stessa che sta alla base di Edge
of Tomorrow. Se il protagonista può superare gli ostacoli, è perché
infinite volte ci è caduto ed è morto. Il suo progresso passa attraverso
innumerevoli ripetizioni della giornata per arrivare al punto X in cui può apprendere
(morendo) come sopravvivere un minuto oltre, e così via.
Però, quello che
realmente è spaventoso non è la ripetizione delle morti: è la ripetizione delle
vite. Ogni volta il protagonista (come Bill Murray in Groundhog Day) deve risvegliarsi al mattino nello stesso momento e,
per arrivare al punto di svolta, rivivere penosamente, interminabilmente, ogni
secondo di esistenza già passata. Una descrizione dell’inferno, o almeno del
purgatorio, che interesserebbe a Jorge Luis Borges.
Ma naturalmente questo
non si vedrà sullo schermo in Edge of
Tomorrow. Se già nell’ordinario il cinema sopprime i tempi morti,
figuriamoci in un racconto basato sul delirio della ripetizione infinita! Così
nel film tutto l’ammasso doloroso e inconcepibile del tempo rivissuto va in
ellissi. Il cinema comprende l’ellissi - la vita no. Se l’inferno attraverso
cui passa Tom Cruise ci spaventa al cinema, il nostro coraggio vacilla a
immaginarlo nella sua realtà.
2 commenti:
Apprezzo moltissimo il blog, ma in questo caso intervengo per pignoleria: il riferimento ai videogiochi, in realtà è calzante anche sul numero delle vite. Da tantissimo tempo infatti è finita l'epoca del "game over", per cui dopo un tot di vite si ricomincia da capo: i giocatori muoiono infinite volte e riprendono a combattere dall'ultimo punto salvato, o ,più spesso, dall'ultimo check-point raggiunto, finchè non portano a termine la missione.
Gott im Himmel! Grazie, caro amico, lo ignoravo. Sono proprio un vecchio svanito rimasto a Pacman.
Meno male che, almeno su un punto la mia interpretazione - pur indebilita - credo resti valida. L'elemento terribile nelle varie vite del film è quello di dover rivivere dall'inizio l'intero giorno...
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