Uno
dei massimi
racconti di Borges si intitola Pierre Menard, autore del
Chisciotte. In cui un erudito,
Pierre Menard, produce una riscrittura contemporanea del Don
Chisciotte – riscrivendolo
identico: ma a distanza di quattro secoli siamo noi che lo leggiamo
in modo diverso.
Questo
racconto torna con prepotenza
alla memoria
vedendo Tutti vogliono qualcosa!! (1)
di Richard Linklater, il cui
protagonista Jake arriva come
matricola al college e fa amicizia cogli studenti – una congrega di
filibustieri – con cui abiterà (fra
l'altro, sono tutti giocatori
di baseball con una borsa di studio, donde la loro esilarante
competitività).
Il divertentissimo film
di Linklater rappresenta
una perfetta riscrittura di un tipo
di cinema americano
molto frequentato in
passato: la
commedia giovanilistica
di studenti
della high school o
del college
smaniosi di
divertimento, e in
particolare assatanati per
l'alcool e il sesso. Si
possono citare alla rinfusa mille titoli,
come
Una pazza giornata di vacanza
di John Hughes, Risky
Business di Paul Brickman,
naturalmente Animal
House di John
Landis, la
sitcom Bayside School,
e la bella trilogia di Bob
Clark (poi, James Toback) Porky's
– ispiratrice più
tardi della
serie American Pie.
Spesso
si indica
in American Graffiti di
George Lucas un modello per
questo genere di film, ma
anche il film di Lucas si inserisce in un'evoluzione,
per la quale non sarebbe
fuori luogo neppure ricordare i
film di Andy Hardy con Michael Rooney.
Alla
base di questo topos
degli studenti terribili
sta, per lo più
inespressa, la consapevolezza dei
protagonisti di vivere in un
momento esistenziale di sospensione:
il momento magico e
irripetibile tra la subordinazione dell'infanzia e gli obblighi
dell'età adulta. “Quant'è
bella giovinezza / che si fugge tuttavia”: si
vive per il momento - ma incombe nondimeno
il futuro, il
che produce un'implicita e
segreta nota drammatica. Come
il western parla della fine del West, così su questa elegia della
giovinezza si stende l'ombra della sua fine.
Ho
usato aggettivi come inespressa e implicita a proposito della maggior
parte di questi film (non certo Lucas): che non vuol dire assente,
bensì
inserita sotto lo svolgimento, come
in filigrana. Ora
Linklater
assume come orizzonte e
“ricanta” quel
cinema di studenti scatenati.
Ma
quella concezione amara del tempo in cammino, della giovinezza che
brucia veloce
e fugge, qui sale
in primo piano. Non
perché sia particolarmente
esplicitata, al
di là della bella conversazione di
Jake con l'amica Nicole su
Sisifo e il baseball poco
prima della fine. Piuttosto,
Linklater vi allude
simbolicamente con un device,
la didascalia ricorrente del
tempo che manca
all'inizio delle lezioni, e
che
si riduce sempre di più; peraltro,
il valore metaforico della didascalia è talmente ben mascherato
sotto quello diegetico (ossia l'avvicinarsi di
quella rottura di p…) che
essa potrebbe tranquillamente apparire in qualsiasi dei film citati,
anche quelli più spensierati come American Pie.
Ma quando nell'ultima
immagine Jake e il suo amico, reduci da una noche brava,
rifiutano la lezione addormentandosi,
tutto ciò non ci inganna; è
solo un'eco
del ieri; e
non per nulla quando arriva Jake ha già iniziato una relazione
seria.
Ecco
dunque il
momento di giustificare il riferimento a Pierre Menard.
Noi che vediamo tutti quei
film sopra citati li
vediamo alla luce della storia passata
da allora, la nostra
consapevolezza si
riflette su di essi e li
modifica; Linklater
con Tutti vogliono qualcosa!! li
riprende con una sorta di
acribia e tuttavia realizza
un'opera diversa, in cui
quella consapevolezza entra in primo piano. Questo perché il
futuro che incombe su questi ragazzi
non è solo
la
crescita personale ma
è anche una
svolta politica e
culturale nella vita e
nell'autoconsapevolezza della nazione. C'è
un momento in Tutti vogliono qualcosa!! che
sembra buttato lì ed è invece assai significativo. I giovani
protagonisti passano (fregandosene altamente) vicino a due stand di
ragazze: il primo ha il cartello “Carter 1980”, il secondo
“Reagan-Bush”. Quali che siano le nostre personali opinioni
politiche (che scrive per esempio avrebbe acquistato un badge al
secondo stand), non può non apparirci chiaro che siamo a una svolta,
come si dice, epocale nella storia americana. La fine degli anni
sessanta (e
del loro prolungamento nei
settanta),
per sintetizzare.
Proprio
per questo Linklater ambienta in quell'epoca il suo film, che è un
autentico film storico, un film in costume (in
questo senso si riallaccia per lucidità al lucasiano American
Graffiti, tanto
che avrebbe potuto avere lo
stesso titolo).
E', quello
del film, il tempo delle
macchine da scrivere, di Kerouac letto
come bibbia, degli spinelli a
manetta, di Carl Sagan; è il
tempo – che
oggi ci sembra esotico come gli antichi romani –
in cui non esisteva l'AIDS e
la libertà sessuale era assoluta (“S'ei
piace, ei lice”),
quando il
massimo di preoccupazione
poteva venire dalla
fidanzatina che ti avverte
di avere il periodo in ritardo (beninteso questa non è la realtà
storica – per esempio non erano affatto assenti le malattie veneree
– ma l'immagine di sé che quella società aveva; che è a sua
volta un fatto storico). Il
tempo in
cui ciascuno poteva perseguire l'ambigua innocenza dell'apoliticità,
specie per quanto riguarda la politica internazionale (anche qui,
vale l'osservazione
precedente). Last but not least,
il
tempo
in cui si espresse
al massimo sviluppo un concetto utopico
e illusorio di eterna
giovinezza. Che Linklater adombra spiritosamente nel personaggio di
Willoughby,
il californiano super-sfumazzato che (si
scopre)
ha trent'anni ma si iscrive alle università del paese sotto falso
nome perché gli piace stare lì.
Tutto
questo non stupisce, se
pensiamo a come tutto il cinema di Linklater
tenda a
situarsi
nel corso del
tempo
– la storia
degli
stessi personaggi lungo un arco autentico di dodici
anni,
girando un segmento alla volta fra
il 2002 e il 2013,
nel geniale Boyhood,
e in forma meno radicale
nella trilogia sentimentale
biografico-truffautiana
Before Sunrise/Before
Sunset/Before
Midnight. In
Tutti vogliono qualcosa!! l'operazione
è diversa ma coerente: Linklater cristallizza non
un momento qualsiasi ma quel
momento storico isolandolo
nel tempo in movimento, come
un insetto nell'ambra. E
proponendocelo in modo che noi spettatori vediamo, al di là del
singolo momento, la storia nel suo fluire. Qui entra d'obbligo la
citazione di un discorso di Willoughby nella scena in cui si
spinellano insieme: “trovare l'essenza all'interno della struttura…
è tutta lì l'arte”.
(1)
Il titolo traduce l'originale Everybody Wants
Some!!, che si potrebbe meglio
tradurre “Ciascuno ne vuole un po'”. Quanto ai due punti
esclamativi, coerenti col titolo originale, mancano sui poster ma
sono presenti sulla copia – che fa testo.
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