Homo
homini lupus potrebbe essere il motto di American Hustle;
o meglio ancora Homo homini vulpes, se pensiamo alla fama
favolistica della volpe come grande ingannatore. Perché alla base
del bel film scritto e diretto da David O. Russell sta l'inganno:
inganno verso gli altri, inganno verso se stessi, inganno reciproco
fra ingannatori. Irving (Christian Bale, che per interpretare il
ruolo è diventato ciccio) e Sydney alias Edith (Amy Adams,
incredibilmente sexy oltre che bravissima), truffatori in società,
cercano ricchi caduti “in un abisso di disperazione” e fingono di
prestargli soldi per spennarli ulteriormente. Mundus vult decipi,
già che siamo dentro col latinorum: come la loro doppia voce
narrante teorizza abbondantemente, “La chiave per una persona sta
in quello che crede e quello che vuole credere”; corollario,
“Imbrogliamo anche noi stessi”. Nel mondo di American Hustle,
gratta ogni furbo e trovi un tonto - tutto sta a individuare lo
spiraglio giusto.
Quando
irrompe nel quadro l'FBI, nella persona dell'ambiziosissimo agente
Richie DiMaso (Bradley Cooper), ai due eroi della truffa viene fatta
una proposta che non possono rifiutare: se vogliono star fuori di
galera devono collaborare coi federali per incastrare trafficanti e
politici corrotti. Pure Richie è un manipolatore senza scrupoli - in
nome della legge e della carriera - esattamente come Irving ed Edith,
le sue (supposte) pedine; le quali non hanno nessuna voglia di essere
passive, e si danno alla contro-manipolazione (anche perché Richie
ha una cotta per Edith). Si fa avanti Rosalyn (Jennifer Lawrence), la
moglie di Irving, un'oca giuliva alla Judy Holliday ma con più
acidità, che non capisce niente di quel che le gira intorno - ma ciò
la rende solo più pericolosa. E quando entra nel garbuglio un feroce
boss della mafia (strepitosa interpretazione di Robert De Niro
uncredited), in gioco non è più la libertà ma la pelle.
E'
una situazione tradizionale del cinema di suspense, quella delle
trappole, degli infiltrati e degli undercover; David O.
Russell e il co-sceneggiatore Eric Singer la sviluppano in termini di
commedia acidissima, per la quale si può spendere - come precedente
nobile - il nome di Billy Wilder (osservazione estemporanea: in sala
il pubblico non ride quanto dovrebbe. Il motivo è semplice quanto
triste: la gente non è più abituata a commedie che non siano di
superficie). Il dialogo è vivace e spiritoso, non semplicemente come
battute in sé, one-liners, ma come punti brillanti nello
svolgimento e per lo svolgimento - una capacità che si va
perdendo.
La
fisicità comica dei due maschi è impagabile: Irving con un tupè
incollato sotto un riporto laborioso come una scultura; Richie che
vediamo in famiglia coi bigodini perché vuole avere i capelli ricci.
In altri termini, quell'inganno che è il pilastro ideale del
film parte dall'apparenza fisica. Quanto all'ex spogliarellista
Edith, non ha bisogno di alcun supporto - ma le belle gambe e le
folgoranti scollature esibite generosamente nel film rientrano a
pieno titolo nella manipolazione e fungono da specchietto per le
allodole per i maschi. Superbo Richie quando (strappato da una sua
telefonata al seno della famiglia) si precipita felice da Edith con
la camicia aperta sul petto villoso ornato di catena d'oro,
spettacolo di un kitsch lunare che spiritosamente replica la
strepitosa scollatura di lei.
American
Hustle mostra un cinico divertimento non solo nel plot ma
nell'adeguare in modo irridente ai momenti dello svolgimento le forme
espressive con cui si concretizzano (cioè a livello di stile), e in
generale il linguaggio narrativo è adeguatamente moderno: il dialogo
di due voci narranti, il gioco sui tempi con un ritorno circolare
sull'inizio, l'uso straniante di una foto per introdurre un
personaggio (il capo di Richie)... L'unico difetto del film è un
certo disordine fra questi devices linguistici
contemporanei, concentrati
all'inizio, e una preminenza della narrazione tradizionale in
seguito. Come se si volesse trasmettere un'idea di modernità
narrativa in apertura per poi andare avanti con una più comoda
classicità. Ma siccome anche questa è una (gentile) manipolazione,
possiamo dire che rientra nell'universo ideale del film.
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