Il
31 gennaio 2014 è stato presentato in anteprima al Visionario di
Udine il cortometraggio Lupin the 3rd
– La chiave del mistero,
diretto da Diego Caponetto, e interpretato, col regista nel ruolo del
villain, dal gruppo
cosplay friulano A.A.A. Cercasi Lupin: Tommaso Strignano (Lupin),
Massimo Codutti (Goemon), Stefano Del Fabro (Jigen), Elena Ponte
(Fujiko), Ettore Stramare (Zenigata).
Sebbene
il termine cosplay sia
nato in Giappone, ce ne sono sempre stati esempi in Occidente in
occasione delle convention di fan della fantascienza e dei fumetti –
e qui non si può non inserire un omaggio alla grande Angelique
Trouvere, pionieristica cosplayer
americana, e splendida donna, che in anni ormai lontani appariva in
vari ruoli, ma è ricordata soprattutto per la sua incarnazione di
Vampirella (infinitamente più sexy di Talisa Soto nel mediocre film
di Jim Wynorski del 1996).
Nonostante
le possibili ascendenze ludiche il cosplay non è un semplice
travestimento come quelli di ragazzi e bambini a carnevale e
Halloween - e non solo per il dato sociologico dello spostamento dal
mondo infantile a quello dei giovani adulti. Il cosplay è
travestimento, ma nel senso non del richiamo segnico bensì
dell'imitazione perfezionata; mentre il costume di Halloween si
limita ad alludere, il cosplayer
mira a un vero raddoppiamento imitativo – anche se a volte può
essere declinato in forme parodistiche. Si potrebbe dire (e vai col
paradosso!) che il cosplay è il professionismo dell'amatoriale.
Questo
perfezionismo del cosplayer non
avrebbe senso senza la riproduzione fotografica o il filmato.
L'identificazione visuale va di pari passo con l'obbligo della posa –
e dalla posa alla scenetta non c'è che un passo.
Adesso parliamo di
Lupin III. Sebbene il manga di Monkey Punch sia un assoluto
capolavoro di humour perverso, è stato l'anime (fra tanti animatori,
com'è noto, si conta anche Miyazaki Hayao) a creare una platea
internazionale di fedelissimi fan. Dei motivi che lo rendono
memorabile, qui ci interessa specialmente uno: possiede un gruppo di
protagonisti (Lupin, Jigen, Goemon, Fujiko e il povero Zenigata)
perfettamente caratterizzato, sia come aspetto sia come elementare
psicologia. Questo lo rende perfetto per il cosplay. Tanto più oggi,
quando gioca anche sulle corde della nostalgia (accento sulla a, per
favore).
Ora,
mentre se ne annuncia un altro, è stato realizzato a mia conoscenza
un solo film live action,
ossia dal vero, su Lupin III: Rupin Sansei: Nenriki chin
sakusen (Lupin III - La
strategia psicocinetica) di
Tsuboshima Takashi con Meguro Yuki (Lupin) ed Ezaki Eiko (Fujiko).
Esso non fa eccezione alla regola per cui i film live
tratti dai fumetti tendono a intervenire, modificare, in una parola
differenziare la versione cinematografica dall'immediatezza del
fumetto o del cartoon; il che non è solo per ragioni spettacolari ma
perché hanno orrore del concetto di copia.
In altri termini, sono reinterpretazioni (è in questo spazio fra imitazione e reinterpretazione che si gioca tutto un film imperfetto
ma interessante e sottovalutato quale Popeye
di Robert Altman). Per un esempio deteriore recente, vedi lo
sciagurato Tintin di
Steven Spielberg.
Viceversa,
Lupin the 3rd – La chiave del mistero è un esempio di
cinema-cosplay, esattamente perché trasporta quell'imitazione perfetta di cui
parlavo sopra, non reinterpretazione ma trasposizione, in un
cortometraggio - che, sebbene un po' più corto dei cartoon di Lupin,
rientra del tutto nella loro logica. E poiché il cosplay è un atto di amore, questo film
è un atto d'amore.
Vi troviamo un doppio livello di riconoscimento “lupiniano”. In
primo luogo a livello di personaggio, ovvero recitativo e visuale. I
manierismi infantili di Lupin, la saggezza fra burbera e rassegnata
di Jigen e Goemon davanti alle alzate d'ingegno del loro capo, la
nonchalance di Fujiko
(questo capolavoro di egocentrismo femminile) per cui dipingersi le
unghie è la cosa più importante del mondo, e naturalmente la
frustrazione di Zenigata (grande la sua lenta bollitura nella scena
post credits), sono
rese con un'aderenza encomiabile.
In
secondo luogo a livello di costruzione e regia. Basta vedere com'è
reso bene nel film, con un uso assai abile del montaggio e del
sonoro, il classico swissh
della mortale katana di Goemon quando colpisce nel cartoon. C'è un
ritmo sicuro nel racconto, di cui piace la franca ambizione che non
arretra di fronte a sfide tecniche come l'esplosione, ben realizzata.
La
sorpresa di vedere la Cinquecento gialla di Lupin sfrecciare in un
paesaggio friulano rientra, dopo tutto, nella sua caratteristica di
giramondo. Ha viaggiato dalla New York del più bell'episodio di
Zenigata (Ispettore innamorato)
alla Transilvania dei vampiri. Perché non qui?
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