sabato 15 marzo 2025

The Breaking Ice

Anthony Chen

Molti film si basano su una metafora, ora nascosta, ora palesata. In The Breaking Ice di Anthony Chen, sceneggiatore e regista di Singapore al suo primo film girato in Cina, la metafora non è solo insistita, ma è dichiarata fin dal titolo: il ghiaccio torna e ritorna in tutto il film, nei paesaggi, naturalmente, nei sogni (il labirinto di ghiaccio), nella backstory di Nana (ex pattinatrice su ghiaccio), nell’abitudine di Haofeng di masticare cubetti di ghiaccio al bar… Similmente, il ghiaccio sta nell’animo dei tre giovani protagonisti, i quali rappresentano in differenti declinazioni una generazione congelata, che si muove nella Cina contemporanea senza speranza.
È proprio della gioventù lo smarrimento, ma in questa generazione esso si scontro con una condizione oggettiva di chiusura di prospettive. Questa accomuna le tre differenti vite (un cuoco nel ristorantino dei genitori, una ex campionessa di pattinaggio diventata guida turistica, un colletto bianco di Shanghai con tendenze suicide. Sono interpretati da tre giovani attori super-emergenti nel panorama asiatico: Nana è Zhou Dongyu (Better Days), Haofeng è Liu Haoran (serie Detective Chinatown), Xian è Qu Chuxiao (The Wandering Earth).
Nel loro rapporto a tre il riferimento a Jules e Jim è non solo palese ma, di nuovo, esplicitamente dichiarato attraverso una citazione (naturalmente nella loro corsa c’è anche The Dreamers col suo debito a Godard). Ma il film ricorda anche un po’, in piccolo, il “tempo lento” di Antonioni. Anthony Chen realizza un’opera alquanto programmatica, consapevole, ma indubbiamente coraggiosa nel suo mettere in primo piano senza infingimenti il suo progetto artistico.
The Breaking Ice è un film compatto e molto connesso, con temi riaffacciantesi (non solo quindi il ghiaccio e il gelo). Per esempio il mondo dei coreani in Cina, che incrocia le vite dei protagonisti già prima che il caso li faccia incontrare, o la figura ritornante dell’uomo (pure lui coreano) ricercato dalla polizia. E ancora: l’incontro con l’orso sulle montagne richiama la fiaba della “Signora Orso”, che abbiamo prima vista in un’illustrazione di un libro sfogliato nella libreria e poi sentita raccontare in auto, mentre viaggiano verso il monte Changbai e il suo lago.
La conclusione è, come tutto il film, malinconica. Incontrarsi, sfiorarsi, lasciare. Forse, in personale,
ricominciare un progetto di vita nell’ultima immagine?

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