domenica 17 marzo 2024

La sala professori

Ilker Çatak

Se basta un granello di sabbia per inceppare una macchina perfetta, figuriamoci cosa può succedere in una scuola, che è un delicato esercizio di equilibrio instabile fra amministrazione dell'istituzione, insegnamento della materie e psicologia applicata. Ne fa fede il film tedesco “La sala professori” di Ilker Çatak, ambientato in una scuola dove si verificano vari furti. Una giovane professoressa (Leonie Benesch) scopre che mancano dei soldi dal giubbotto lasciato in sala professori. Ma ha lasciata aperta la sua webcam, e vi appare la camicia (non il volto) di chi frugava. Dal disegno della camicia individua la presunta colpevole e l’accusa, prima in un confronto personale senza esito, poi con la preside. Da ciò procede una serie di avvenimenti concatenati che significano rovina.
Questa storia di caduta su due livelli (l’insegnante in sala professori e l'insegnante in classe) è la parte interessante del film: possiede una logicità e una sorta di suspense del dolore, che brillano per contrasto in una drammaturgia per altri aspetti grezza e meccanica. In effetti bisognerebbe esser grati alla (possibile) ladra per averla messa in moto, giacché prima di questo avvenimento il film è puerile, con un comportamento degli altri insegnanti e della preside completamente irrazionale: un bambino di origine turca viene accusato di furto su basi debolissime. In realtà la sceneggiatura vuol solo dirci che le autorità scolastiche sono senza cuore, tant’è vero che l’istituto proclama di avere una politica di “tolleranza zero”. Ma quando abbandona le banalità “politically correct”, il film è convincente nel descrivere l’odissea della professoressa – che si rispecchia in quella del figlio dell’accusata – e riesce ad abbozzare alla grossa uno sguardo sulla scuola e sul ruolo dell’insegnante.

(Messaggero Veneto)

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