Andrew Haigh
Film
non perfetto ma
interessante, “Estranei” di Andrew Haigh presenta Andrew
Scott in un'interpretazione
troppo contratta nel ruolo di
Adam, uno sceneggiatore omosessuale in crisi creativa. Respinge
un’educata
avance del
giovane Harry (Paul Mescal,
migliore)
che si è accorto dei suoi
frequenti sguardi; in seguito
però nasce
una relazione. I due abitano in un nuovo condominio di cui sembrano
essere finora gli unici inquilini.
In
contrasto col realismo un po’
piatto dell'inizio, il
film agguanta
il suo argomento quando
Adam suona alla porta di un villino, e la coppia che lo accoglie
(Claire Foy e Jamie Bell)
sono i suoi genitori;
sembrerebbe il
classico
ritorno a casa dopo una lunga
separazione, se non ci fosse il fatto che hanno
la sua stessa età o poco
più. Questa stranezza si
spiega di lì a poco quando
apprendiamo (il film procede
per rivelazioni) che erano
morti in un incidente 30 anni
prima, quando Adam era
ragazzino.
Confidandosi con loro come
mai prima, Adam rivela la sua
omosessualità.
“Estranei”
(dal romanzo giapponese omonimo di Yamada Taichi, da cui Obayashi
Nobuhiko trasse nel 1988 il film “The Discarnates”) non è una
vera storia di fantasmi: è piuttosto un tuffo nel ricordo, un esame
del passato fatto da Adam stesso. Infatti il film si tiene sempre sul
filo del paradosso: la cruda realtà che i genitori sono morti è
lasciata, nel rapporto con loro, nel “non detto” (ciò crea
un’atmosfera sognante), venendo esplicitata solo in un commosso
dialogo finale. Bisogna aggiungere (senza spoiler!) che “Estranei”
non si ferma qui e prosegue con un triplo salto carpiato di sfida
alla famosa “sospensione volontaria dell'incredulità”. Ma non è
questo barocchismo il difetto del film, bensì una certa vena
didattica e telegrafata, che emerge in particolare nella parte
iniziale.
(“Messaggero
Veneto”)
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