Piero Messina
Dietro
l'intelligente film di fantascienza filosofica/psicologica Another
End, diretto da Piero Messina (è un film italiano. parlato in
inglese e spagnolo) si intravede l’ombra di Philip K. Dick e della
fantascienza cyberpunk – nonché, a livello immediato, la
suggestione di quel cinema fantastico orientale che tratta della
possessione. Ma andando più in là, non possiamo non riconoscere il
mito di Orfeo ed Euridice: riportare la persona amata dall'oltretomba
e vedersela sfuggire dopo uno sguardo.
In
un futuro prossimo, la società Aeterna vende una sorta di ritorno
dei defunti a tempo. I morti si possono far rivivere per un breve
periodo innestando la loro memoria nel corpo di “ospiti”
volontari anonimi (il testo italiano li chiama in modo suggestivo
locatori/locatrici, quello inglese ha un più semplice host). Così
queste memorie viventi dentro un corpo estraneo possono frequentare
brevemente i loro cari, in modo che questi ultimi possano elaborare
il lutto e dare loro un addio; ma è importante che non venga loro
rivelato che sono morti. I locatori non mantengono alcun ricordo dei
periodi in cui “sono un altro” (tanto che un personaggio, Ava,
paragona la possessione al suicidio). Alla fine di un numero
d’incontri prefissato, quando il locatore si addormenta la memoria
del morto svanisce per sempre.
Sul
piano strettamente logico, il presupposto è evidentemente fragile;
ma questo non affligge la costruzione narrativa del film, che vuol
essere un conte philosophique e insieme un dramma sentimentale. Il
protagonista Sal, che da poco ha perso la moglie in un incidente, è
fratello di un’impiegata di alto livello della Aeterna, Ebe, la
quale (non senza alcune violazioni delle regole) gli fa incontrare la
moglie morta Zoe nel corpo della prostituta Ava. Ma Sal non si
rassegna alla futura perdita di Zoe resuscitata, riesce a rompere la
barriera dell’anonimato e incontra Ava nella sua vita vera. Qual è
il rapporto tra corpo e anima? Tra l'apparenza fisica e l’identità?
Cosa significa il soma in rapporto alla mente? E inoltre: è giusto,
è saggio, richiamare indietro i morti? Chi ama veramente Sal? Se
dapprima è perso dietro Zoe ritornata, comincia ad amare Ava –
oppure si è creato un incrocio fra le due donne (nota che Ava,
inusualmente, ha dei frammenti di ricordo di Zoe)? Peraltro, senza
fare spoiler a questo punto, una sorpresa finale ridefinirà il
quadro.
Questo
è il primo problema sotteso alla vicenda, ed evidentemente è solo
uno dei temi sui quali questo film stimola la riflessione. Un altro,
che il film esprime in particolare in un personaggio secondario, è
quello della miseria della perdita: per cui chi ha perso uno o più
esseri amati (il marito e la figlia in questo caso) si rassegna,
faute de mieux, a ritrovarli per breve tempo in un corpo diverso. Un
altro, non trattato, riguarda questa vita umbratile dei morti dal
loro punto di vista. Ancora un altro tema sotteso è lo sfruttamento
dei corpi dei locatori e delle locatrici – notevoli le scene quasi
horror nell’enorme deposito della Aeterna – in un’interessante
prosecuzione futuristica di quell'affitto dei corpi (femminili: il
cosiddetto utero in affitto) che è finora il massimo cui sia
arrivata la vampirizzazione contemporanea, ma che – ci insegna
anche questo film – trova certamente nuove frontiere.
Se
il protagonista Gael Garcia Bernal (Sal) ha una sola espressione
mesta (benché giustificata) in tutto il film, Bérénice Bejo (Ebe)
e Renate Reinsve (Ava) sono eccellenti. Il film delinea una visione
del futuro (ottimo il lavoro della scenografa Eugenia Di Napoli)
tanto più inquietante in quanto disegnata quietamente, matter of
fact, senza toni urlati.
Vale la pena di soffermarci un attimo sul simbolismo di alcuni nomi.
Ebe è la coppiera degli dei, dispensatrice del nettare e
dell’ambrosia, ossia il cibo dell’immortalità; e qui, come
funzionario della Aeterna, offre una (imitazione di) immortalità
resuscitando i morti. Zoe significa vita: è un paradosso, perché
Zoe è morta, ma certamente rappresenta l’unica possibilità di
vita per il protagonista, il quale si aggrappa ciecamente a lei
(all’inizio del film tentava il suicidio). Ma non sembra gratuita
la posizione di Ava e Zoe ai due estremi dell’alfabeto. Ava, pur
essendo disperata della sua vita misera, rappresenta un principio di
concretezza vitale (nota il suo discorso sprezzante
su quei “deficienti”, morons, che vogliono reincontrare i loro
morti). L'ipotesi, qui accennata, che Sal possa amare Ava per sé,
“superando” Zoe, abbandonerebbe la sequenza rovesciata Z-A per
rimettere la serie (la vita) sulle sue gambe ripartendo da A.
A
questo punto però – attenzione, lettore! Arriva uno spoiler
radicale, per cui il consiglio è che continui a leggere solo chi ha
già visto Another End – si rivela il trick del film. Scopriamo che
anche Sal è morto insieme a Zoe nell’incidente; l’uomo che
abbiamo visto in tutto il film è solo il contenitore di una memoria,
a opera di sua sorella Ebe.
Alla
fine del film, accanto ad Ava già libera dalla possessione, anche
quest'uomo si addormenta – e così, Sal svanisce. Lo sguardo che i
due si scambiano al loro risveglio alla fine del film, in un bel campo/controcampo sul letto, è uno sguardo vergine. Potrebbe essere
un inizio, o una fine.
1 commento:
Dobbiamo aspettarci un sequel?
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