I
dipinti di Antonella Peresson non sono mai superfici lisce. Fin dagli
inizi, in cui si vedeva l’influenza di Guttuso, ha sempre posseduto
una
pennellata densa, pastosa, sensuale:
una spessa
materialità
del tratto che
dà
un’evidenza tattile all’immagine e
al gioco ricco del colore. La sua mostra dal titolo “Tracce –
Storia di un percorso di pittura” alla
Libreria Einaudi-Gaspari in via Vittorio Veneto 49 a Udine ripercorre
una carriera
pittorica
che
si muove con disinvoltura dal figurativo all'informale.
Parte
dal
figurativo, con
la
bellezza
e l’esuberanza dei suoi nudi femminili
o
l’inondazione
di una luce calda e meridionale nelle
sue marine; è
una
vera
pittura
degli
elementi, dove
le figure non si inseriscono nel paesaggio ma vi si fondono,
diventano
terreno, acqua, roccia, in
una percezione pánica
e
sempre
fluente
dell’universo.
Però
questa pittrice carnale
e solare possiede
un
lato nerissimo che emerge nei
dipinti raggruppati
sotto l’ironico titolo “Cuore di mamma”, che
esplorano l’elemento
di orrore implicito (e
costantemente
negato)
presente
nella
gravidanza. Quella
ricchezza
della materia, quella natura “lavica”
del
tratto, viene incanalata nella cupezza del tema, eppure
persiste,
in
una sorta di barbarica ricchezza.
Col
tempo la pittura di Antonella Peresson si
avvia sempre più verso forme espressioniste, testimoniate
dai più recenti nudi e marine.
Amante
dei cicli tematici, mantiene
volentieri
l’aggancio
al referente, ora in forma nettamente figurativa (la serie sulla
malattia e guarigione) ora facendolo deflagrare
in un’esplosione
di luce e colore, come nei dipinti sulla Divina Commedia. Infine
l’approdo
all'informale le consente di articolare in forme di pura energia il
suo eterno
innamoramento del colore, fino
alla ricerca metafisica della serie “Polvere di pensiero”.
(Messaggero
Veneto)
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