domenica 3 dicembre 2023

The Old Oak

Ken Loach

La K del pub “The Old Oak”, nel film di Ken Loach dallo stesso titolo, è tutta storta, sta per cadere. È, si capisce, la metafora di un crollo in atto; ma crollo di che cosa? Non dell'Inghilterra imperiale, che a Loach non è mai piaciuta, ma di un’Inghilterra operaia, organizzata, grintosa, finita con la chiusura delle miniere. Quella dei grandi romanzi populisti (prima che questa parola diventasse una clava che i politici usano per insultarsi l’un l’altro) come E le stelle stanno a guardare di Cronin, sui minatori dell’Inghilterra del nord, o Com’era verde la mia vallata di Llewellyn, su quelli del Galles; o di molto vecchio cinema britannico, produzioni Ealing ma non solo, dal quale discende Loach.
E’ nell’Inghilterra del nord che è ambientato The Old Oak. Un gruppo di rifugiati siriani si stabilisce in un paese in declino e viene fatto segno ad attacchi razzisti: una vera guerra fra poveri che coinvolge anche l’umanissimo proprietario del pub (l’ottimo Dave Turner). Con la fine delle miniere, dice Loach, non si è perduto solo il tessuto sociale ma anche lo spirito comunitario ad esso sotteso.
E se non piangi, di che pianger suoli?” The Old Oak è schematico ma commovente; alla potente scena finale – in cui quasi tutto il paese mostra un’imprevista solidarietà ai siriani dopo la notizia di una morte – bisogna essere insensibili per non sentirsi le lacrime agli occhi. Va detto che il film sarebbe stato egualmente commovente se il suo aspetto didascalico non fosse così insistito, in particolare nei dialoghi. Invero Ken Loach non è più quello di Riff Raff, che era altrettanto politico senza essere predicatorio. Tuttavia, l’eccellente uso dei visi e la sobrietà nel racconto dei fatti (come la morte del cane) bilanciano la didattica con un senso di autenticità.

(Messaggero Veneto)

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