Ridley Scott
Il
dibattito che si è sviluppato fra gli appassionati del cinema circa
gli svarioni storici del (brutto) Napoleon di Ridley Scott mi sembra
– con tutto il rispetto – mal posto. Da un lato, coloro che si
basano su questi svarioni per corbellare il film e il suo autore;
dall'altro, coloro che dichiarano che essi sono irrilevanti perché
un film, come un romanzo, è opera di fantasia.
Questo
è ovvio. E possiamo anche lasciar subito da parte quelle opere,
potremmo dire, fanta-storiche dove l’ambientazione “storica” è
interamente e volutamente fantastica. Un caso ovvio è Il gladiatore
dello stesso Scott, non meno fantasioso del “griffithiano” preistorico Sul sentiero dei mostri (One Million B.C., 1940) di Hal
Roach. O dell'Ottocento steampunk di Poor Things di Yorgos Lanthimos,
quanto a questo.
È
evidente peraltro che questo non è il caso di un biopic dichiarato
come Napoleon, che si troverà inevitabilmente a fare i conti con
l’“enciclopedia” (il complesso di cognizioni preesistenti) dello spettatore.
Ora, andarci a cercare gli errori storici, fare le pulci al film per
il piacere di farlo, è un’operazione oziosa. Prendiamo la sequenza
di apertura: il dettaglio assai criticato che Maria Antonietta,
portata alla ghigliottina, sia giovane e bella, con una foltissima
chioma, mentre in realtà era sofferente, coi capelli tagliati sotto
una cuffia e paurosamente invecchiata (come mostra lo schizzo fatto
sul momento da David), è del tutto ininfluente. E il fatto che nel
film Napoleone sia presente all’esecuzione (in realtà non lo era)
è addirittura positivo, una felix culpa, in quanto fa entrare subito
in scena il personaggio, nel contesto drammatico, e lo lega alla
situazione di apertura.
È
produttivo, invece, chiedersi quali errori storici (al pari di altri
difetti, naturalmente) incidano sulla riuscita artistica del film e
sulla sua ricezione. Per fare un esempio scherzoso ma chiaro: due
volte Napoleone va, travestito, a spiare le posizioni del nemico.
Ottimo, e non importa se storicamente sia “vero” o no. Però se
nel film lo avesse fatto in bici e travestito da rider, il pubblico
si sarebbe messo a ridere e avrebbe detto: siamo finiti in un film
dei Monty Python.
Un
errore storico, insomma, va preso in considerazione solo quando è un
danno per il film, perché rende oscuro lo sviluppo o lo rende
ridicolo. Un esempio del primo caso è il racconto della battaglia di
Waterloo (già di per sé mostruosamente abbreviato), che non ha
senso perché non si parla della battaglia di Ligny di due giorni
prima, capolavoro strategico di Napoleone, che vi sconfisse i
prussiani e li allontanò. Senza di questo, non si capisce perché i
prussiani tardino ad arrivare sul luogo della battaglia di Waterloo a
dare man forte a Wellington. Avevano dormito fino a tardi?
Ancor
più danneggia il film, perché lo sposta sul piano dell’assurdo e
quindi del ridicolo, la scena in cui Napoleone monta a cavallo e
guida una disperata carica alla sciabola. Lasciamo da parte il
dettaglio che Napoleone quel giorno soffriva gravemente per le
emorroidi (Scott non lo ha messo nel film perché non lo trovava
delicato): sconsiglio a chiunque sia in preda a un attacco di
emorroidi di partecipare a una carica a cavallo. Ma fa parte
dell’“enciclopedia” minima dello spettatore la nozione che
Napoleone era un generale di artiglieria (il cui posizionamento era
una parte fondamentale del suo genio militare) e non un cavalleggero.
Se fosse andato alla carica combattendo (vediamo nel film la sua
sciabola insanguinata) sarebbe diventato in pochi minuti una delle
decine di migliaia di vittime della battaglia.
L’assurdità
peggiore di Napoleon è l’età evidente dell’attore protagonista.
Joaquin Phoenix ha quasi cinquant’anni (è del 1974). Nella scena
in cui discute con Barras sull'assedio di Tolone, all’inizio del
film, Barras sembra suo figlio – mentre all’epoca Napoleone aveva
24 anni e Barras 38. Giuseppina Beauharnais aveva sei anni più di
Napoleone, mentre l’attrice che la interpreta, Vanessa Kirby, è
visibilmente più giovane del suo partner.
Così,
il Napoleone di Joaquin Phoenix fa tornare in mente gli amanti di
Verona nel Giulietta e Romeo del 1936 di George Cukor, con Lesley
Howard (Romeo) che aveva 43 anni e Norma Shearer (Giulietta) che ne
aveva 34. Cukor fu costretto di conseguenza a “invecchiare” il
cast, con un Tebaldo, Basil Rathbone, di 44 anni e un Mercuzio, John
Barrymore, addirittura di 54 (il che non gli impedisce di essere il
migliore del cast). Ma in Napoleon l’unico anziano in una parte di
giovane è il protagonista, e quanto si vede!
Anche
perché, spiace dirlo, l’interpretazione di Joaquin Phoenix è
disastrosa. O intimidito dal compito o mal diretto, l’attore (dopo
averci mostrato un buon Napoleone emozionato all’inizio a Tolone,
la battaglia meglio raccontata del film) attraversa Napoleon con una
rigida inespressività accigliata, che entra in conflitto anche col
tentativo della sceneggiatura di dare una versione “privata”
della vita di Napoleone alternando la storia militare con il suo
amore con Giuseppina. Vanessa Kirby nella parte di quest'ultima è
eccezionale, il che fa solo risaltare la legnosità di Phoenix. Il
momento in cui, costretta al divorzio, nel suo esilio dorato, prende
fra le braccia il figlio di Napoleone e Maria Luisa è un momento
mélo di magnifica espressività.
In
generale, a rendere così deludente Napoleon è l’incapacità dello
sciagurato sceneggiatore David Scarpa di rendere il
senso storico (e quindi quello logico) degli avvenimenti e
dell’epoca. Che non vuol dire fare un film-saggio. Ci riusciva
perfino, nella sua ottica hollywoodiana romantica e spettacolare, il
vecchio Maria Antonietta di W.S. Van Dyke del 1938. E naturalmente ci
riusciva il folgorante esordio (di argomento napoleonico) di Ridley Scott I
duellanti del 1977. È una lezione di tutti i Napoleone del cinema…
compreso quello di Renato Rascel. Se Scott e Scarpa avessero tolto
qualche minuto al “l’amore non è bello se non è litigarello”
fra Napoleone e Giuseppina in favore di qualche dettaglio militare e
politico sarebbe stato meglio. Napoleone, sembra quasi che torni in
Francia dall’Egitto perché ha scoperto che la moglie lo cornifica.
Il passaggio all’impero è di una velocità desolante.
L’organizzazione dell’impero è assente, dal codice napoleonico
allo stato di polizia (Fouché appare per un secondo, giusto il tempo
di nominarlo). Non ignoro che quella che vediamo è una copia
tagliuzzata e ricucita per la distribuzione cinematografica di una
versione di oltre quattro ore che andrà in tv. Ma è tagliuzzata in
modo grossolano e la vita e la carriera di Napoleone appaiono un
Reader’s Digest accelerato.
Ridley
Scott sul piano artistico (non quello commerciale, per sua fortuna) è
solo la pallida ombra dell’autore dei suoi grandi film di fine
secolo; e il suo Napoleon è gonfio e spompato. Anche riguardo alle
scene di battaglia, che sono
largamente
giudicate
il forte del film,
non solo
il grande Abel Gance in Austerlitz (1960)
– lasciamo pure
stare il suo assoluto capolavoro giovanile Napoléon – ma
anche l’onesto Sergej
Bondarčuk
in Waterloo (1970) hanno
fatto di meglio. Avevano più tempo da
dedicare alla singola
battaglia? Certo. Ma
soprattutto, avevano più capacità.
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