venerdì 1 dicembre 2023

Napoleon

Ridley Scott

Il dibattito che si è sviluppato fra gli appassionati del cinema circa gli svarioni storici del (brutto) Napoleon di Ridley Scott mi sembra – con tutto il rispetto – mal posto. Da un lato, coloro che si basano su questi svarioni per corbellare il film e il suo autore; dall'altro, coloro che dichiarano che essi sono irrilevanti perché un film, come un romanzo, è opera di fantasia.
Questo è ovvio. E possiamo anche lasciar subito da parte quelle opere, potremmo dire, fanta-storiche dove l’ambientazione “storica” è interamente e volutamente fantastica. Un caso ovvio è Il gladiatore dello stesso Scott, non meno fantasioso del “griffithiano” preistorico Sul sentiero dei mostri (One Million B.C., 1940) di Hal Roach. O dell'Ottocento steampunk di Poor Things di Yorgos Lanthimos, quanto a questo.
È evidente peraltro che questo non è il caso di un biopic dichiarato come Napoleon, che si troverà inevitabilmente a fare i conti con l’“enciclopedia” (il complesso di cognizioni preesistenti) dello spettatore. Ora, andarci a cercare gli errori storici, fare le pulci al film per il piacere di farlo, è un’operazione oziosa. Prendiamo la sequenza di apertura: il dettaglio assai criticato che Maria Antonietta, portata alla ghigliottina, sia giovane e bella, con una foltissima chioma, mentre in realtà era sofferente, coi capelli tagliati sotto una cuffia e paurosamente invecchiata (come mostra lo schizzo fatto sul momento da David), è del tutto ininfluente. E il fatto che nel film Napoleone sia presente all’esecuzione (in realtà non lo era) è addirittura positivo, una felix culpa, in quanto fa entrare subito in scena il personaggio, nel contesto drammatico, e lo lega alla situazione di apertura.
È produttivo, invece, chiedersi quali errori storici (al pari di altri difetti, naturalmente) incidano sulla riuscita artistica del film e sulla sua ricezione. Per fare un esempio scherzoso ma chiaro: due volte Napoleone va, travestito, a spiare le posizioni del nemico. Ottimo, e non importa se storicamente sia “vero” o no. Però se nel film lo avesse fatto in bici e travestito da rider, il pubblico si sarebbe messo a ridere e avrebbe detto: siamo finiti in un film dei Monty Python.
Un errore storico, insomma, va preso in considerazione solo quando è un danno per il film, perché rende oscuro lo sviluppo o lo rende ridicolo. Un esempio del primo caso è il racconto della battaglia di Waterloo (già di per sé mostruosamente abbreviato), che non ha senso perché non si parla della battaglia di Ligny di due giorni prima, capolavoro strategico di Napoleone, che vi sconfisse i prussiani e li allontanò. Senza di questo, non si capisce perché i prussiani tardino ad arrivare sul luogo della battaglia di Waterloo a dare man forte a Wellington. Avevano dormito fino a tardi?
Ancor più danneggia il film, perché lo sposta sul piano dell’assurdo e quindi del ridicolo, la scena in cui Napoleone monta a cavallo e guida una disperata carica alla sciabola. Lasciamo da parte il dettaglio che Napoleone quel giorno soffriva gravemente per le emorroidi (Scott non lo ha messo nel film perché non lo trovava delicato): sconsiglio a chiunque sia in preda a un attacco di emorroidi di partecipare a una carica a cavallo. Ma fa parte dell’“enciclopedia” minima dello spettatore la nozione che Napoleone era un generale di artiglieria (il cui posizionamento era una parte fondamentale del suo genio militare) e non un cavalleggero. Se fosse andato alla carica combattendo (vediamo nel film la sua sciabola insanguinata) sarebbe diventato in pochi minuti una delle decine di migliaia di vittime della battaglia.
L’assurdità peggiore di Napoleon è l’età evidente dell’attore protagonista. Joaquin Phoenix ha quasi cinquant’anni (è del 1974). Nella scena in cui discute con Barras sull'assedio di Tolone, all’inizio del film, Barras sembra suo figlio – mentre all’epoca Napoleone aveva 24 anni e Barras 38. Giuseppina Beauharnais aveva sei anni più di Napoleone, mentre l’attrice che la interpreta, Vanessa Kirby, è visibilmente più giovane del suo partner.
Così, il Napoleone di Joaquin Phoenix fa tornare in mente gli amanti di Verona nel Giulietta e Romeo del 1936 di George Cukor, con Lesley Howard (Romeo) che aveva 43 anni e Norma Shearer (Giulietta) che ne aveva 34. Cukor fu costretto di conseguenza a “invecchiare” il cast, con un Tebaldo, Basil Rathbone, di 44 anni e un Mercuzio, John Barrymore, addirittura di 54 (il che non gli impedisce di essere il migliore del cast). Ma in Napoleon l’unico anziano in una parte di giovane è il protagonista, e quanto si vede!
Anche perché, spiace dirlo, l’interpretazione di Joaquin Phoenix è disastrosa. O intimidito dal compito o mal diretto, l’attore (dopo averci mostrato un buon Napoleone emozionato all’inizio a Tolone, la battaglia meglio raccontata del film) attraversa Napoleon con una rigida inespressività accigliata, che entra in conflitto anche col tentativo della sceneggiatura di dare una versione “privata” della vita di Napoleone alternando la storia militare con il suo amore con Giuseppina. Vanessa Kirby nella parte di quest'ultima è eccezionale, il che fa solo risaltare la legnosità di Phoenix. Il momento in cui, costretta al divorzio, nel suo esilio dorato, prende fra le braccia il figlio di Napoleone e Maria Luisa è un momento mélo di magnifica espressività.
In generale, a rendere così deludente Napoleon è l’incapacità dello sciagurato sceneggiatore David Scarpa di rendere il senso storico (e quindi quello logico) degli avvenimenti e dell’epoca. Che non vuol dire fare un film-saggio. Ci riusciva perfino, nella sua ottica hollywoodiana romantica e spettacolare, il vecchio Maria Antonietta di W.S. Van Dyke del 1938. E naturalmente ci riusciva il folgorante esordio (di argomento napoleonico) di Ridley Scott I duellanti del 1977. È una lezione di tutti i Napoleone del cinema… compreso quello di Renato Rascel. Se Scott e Scarpa avessero tolto qualche minuto al “l’amore non è bello se non è litigarello” fra Napoleone e Giuseppina in favore di qualche dettaglio militare e politico sarebbe stato meglio. Napoleone, sembra quasi che torni in Francia dall’Egitto perché ha scoperto che la moglie lo cornifica. Il passaggio all’impero è di una velocità desolante. L’organizzazione dell’impero è assente, dal codice napoleonico allo stato di polizia (Fouché appare per un secondo, giusto il tempo di nominarlo). Non ignoro che quella che vediamo è una copia tagliuzzata e ricucita per la distribuzione cinematografica di una versione di oltre quattro ore che andrà in tv. Ma è tagliuzzata in modo grossolano e la vita e la carriera di Napoleone appaiono un Reader’s Digest accelerato.
Ridley Scott sul piano artistico (non quello commerciale, per sua fortuna) è solo la pallida ombra dell’autore dei suoi grandi film di fine secolo; e il suo Napoleon è gonfio e spompato. Anche riguardo alle scene di battaglia, che sono largamente giudicate il forte del film, non solo il grande Abel Gance in Austerlitz (1960) – lasciamo pure stare il suo assoluto capolavoro giovanile Napoléonma anche l’onesto Sergej Bondarčuk in Waterloo (1970) hanno fatto di meglio. Avevano più tempo da dedicare alla singola
battaglia? Certo. Ma soprattutto, avevano più capacità.

Nessun commento: