Ivan Gergolet
Partiamo
dalla fine: dopo la conclusione de L’uomo senza colpa di Ivan
Gergolet alcune didascalie ricordano i disastri dell’amianto, con
100.000 morti ogni anno e 125 milioni di persone esposte all’amianto
sul luogo di lavoro. Una caratteristica positiva di questo film di
fiction sull’amianto a Monfalcone è di aver evitato la via più
ovvia e facile, quella del tradizionale dramma didattico; invece
introduce nelle coscienze degli spettatori il tema per via indiretta,
e quindi tanto più efficace, creando un dramma di caratteri con un
sospetto di thriller.
Angela
è un’infermiera vedova: il marito è fra le vittime dell’amianto,
come il marito della sua migliore amica e poi l’amica, Elena,
stessa. Il colpevole agli occhi di tutti è il ricco costruttore
Gorian, che sapeva e ha taciuto. Ora Gorian ha avuto un ictus: è
muto e paralizzato. Su invito del figlio Enrico (che viveva lontano
ed è all’oscuro di tutto) Angela accetta di fare la badante di
Gorian a casa sua. Vuole vendicarsi? Il mistero delle motivazioni si
trasforma nell'intrico dei sentimenti.
Una
sceneggiatura non sempre agile viene vivificata da una buona regia:
sebbene questo sia il suo primo lungometraggio di fiction, il
monfalconese Gergolet ha già una lunga carriera al suo attivo
(ricordiamo il bel film documentario Dancing with Maria). Fin
dall'incubo iniziale, seguito dalle inquadrature perpendicolari sul
pavimento dell’ospedale, nella notevole fotografia di Debora Vizzi,
c’è un elemento leggermente surreale che attraversa il film. Da
elogiare in particolare le interpretazioni di Valentina Carnelutti
(Angela) e Rossana Mortara (Elena), nonché quella del bravissimo
Branko Završan (il paralizzato Gorian) che per tutto il film recita
quasi solo con gli occhi,
e nondimeno tratteggia una figura davvero potente.
(Messaggero
Veneto)
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