domenica 2 aprile 2023

Terra e polvere

Li Ruijun

A voler trovare un riferimento occidentale, c'è qualcosa di pascoliano, nel senso del nostro Pascoli – ma il vero Pascoli vibrante e notturno, non quello delle poesiole che s’imparavano alle elementari – nel bellissimo e commovente dramma contadino Terra e polvere (premiato al Far East Film Festival 2022 sotto il titolo internazionale Return to Dust): per la sua adesione intensa e concreta alla natura, al senso fisico del lavoro, alle piccole cose quotidiane. Scritto, diretto e montato da Li Ruijun, è la storia di un matrimonio, combinato dai familiari, tra il Quarto Fratello Ma (ottimo Wu Renlin), un contadino povero, non giovanissimo, non bello, e una donna considerata senza valore, Guiying, che essendo stata maltrattata fin da piccola è goffa, timidissima, non controlla la vescica e si bagna addosso.
Sembra l'inizio di una storia di cupo naturalismo alla Émile Zola; e invece è una storia d’amore coniugale che raggiunge toni di quieta elegia contadina nel descrivere la tenerezza che nasce e perdura fra i due, nel duro, spesso ingrato lavoro dei campi; un affetto e una tenerezza che si realizzano in gesti gentili e silenziosi, un amore pudico tra due illetterati che non viene verbalizzato come tale ma si esprime nelle azioni, come quando Ma fa coprire meglio la moglie o si raccomanda che mangi, oppure quando lei gli viene incontro al ritorno, nel gelo, con una bottiglia d’acqua calda. Oppure in brevi raccomandazioni che sbocciano nel dialogo. Di lì la confidenza affettiva cresce fino alla completezza; e Guiying (un’interpretazione monumentale di Hai Qing, quanto diversa che in un film di genere come Operation Red Sea) attraversa una vera trasformazione.
Non è solo un progressivo aprirsi al parlare, è un distendersi del viso – fino al sorriso.
Tutto focalizzato sul marito e la moglie – ma è sempre presente nel quadro il loro asino, trattato con gentilezza, come un terzo umile membro della famiglia – Terra e polvere è un film di poche parole e molti silenzi, basato su un forte sentimento del tempo e del lavoro. Con un respiro ampio e disteso, rende splendidamente il passare del tempo e la forza del lavoro, il susseguirsi delle stagioni e la fatica dei gesti, la povertà e la volontà, il dolore intrinseco dell'esistenza (la malattia di Guiying) e il rapporto eterno con la generosa madre terra. Da essa procede una continuità naturale che avvolge il destino di tutte le cose.
Alla grande bellezza anche visiva del film dà un apporto fondamentale il direttore della fotografia Wang Weihua che non produce semplicemente l’“immagine bella” (quella ormai va a un soldo la dozzina) ma articola la composizione delle inquadrature con eccezionali surcadrages che aprono lo spazio e lo moltiplicano in sezioni. Per esempio, ve n’è uno all'inizio – con la testa di Ma in primissimo piano a destra, la sua immagine nello specchio a sinistra, e in alto sulla parete
una finestra attraverso la quale vediamo (e sentiamo) due donne che parlano – da scuola di cinema.
Nell’oggettività del racconto, entra tuttavia un elemento simbolico che ritorna lungo il film, con quella discrezione che gli è propria: come il nido di rondini, che allude alla casa, sogno perseguito dai due coniugi attraverso una serie di spostamenti e demolizioni; o i pulcini che richiamano la maternità negata a Guiying; o anche il televisore, promesso da Ma a Guiying, non semplice oggetto di consumo ma segno di una piccola ricchezza quotidiana che materializza la ricompensa del duro lavoro – e soprattutto, il rovesciamento dello stato di lei.
Non solo il destino pesa sulle vite: anche gli uomini. Sullo sfondo del film, con una valenza politica non indifferente (che infatti al governo non è piaciuta), sta lo sfruttamento dei ricchi sulle terre dei contadini (i ricchi chiedono persino trasfusioni di sangue a Ma, che ha un gruppo raro), ma anche la dissennata politica di urbanizzazione del governo cinese che ha lanciato una campagna per demolire delle vecchie case contadine vuote in cambio di un risarcimento. Il film è preciso nel dipingere gli ex contadini trasferitisi per lavorare altrove che tornano solo per far abbattere la vecchia casa, intascare il compenso e ripartire.
E anche Ma è spinto dall’avido fratello a lasciare la casa che lui e Guiying hanno costruito per trasferirsi in un piccolo appartamento di tipo cittadino (impagabile la prima visita all’appartamento, ripresa dalla televisione). Nel finale, con Ma vedovo, c’è qualcosa di apocalittico – prima che il corso della vita riprenda a fluire tristemente. Non si trova felicità sotto il cielo della Cina.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Hai scritto tutte le cose che abbiano sentito mia moglie e io vedendo il film. E anche qualcosa in più. Grandissimo perzzo. Mauro