Paolo Genovese
Come
tutti sanno, ne La vita è meravigliosa di Frank Capra (1946) James
Stewart vuole uccidersi ma è visitato da un “angelo di seconda
classe” che per salvarlo gli mostra come sarebbe stata peggiore la
vita nella sua città senza di lui. Non tutti sanno che ciò fu
parodiato nell’ultima puntata di Dallas (1991), in cui il
cattivissimo J.R., nella stessa situazione, riceve la visita di un
demoniaco Joel Grey.
Ne
Il primo giorno della mia vita di Paolo Genovese il concetto è che
quando stiamo per suicidarci compare un personaggio (il bravo Toni
Servillo) che ci offre sette giorni di riflessione, sospesi in una
dimensione fra la vita e la morte in cui siamo invisibili a tutti.
Qui i “clienti” di Servillo sono quattro: una poliziotta
disperata per la morte della figlia (Margherita Buy), una ex ginnasta
paralizzata (Sara Serraiocco), un bambino sfruttato da genitori
ripugnanti come figura di culto sul web in qualità di mangione
(Gabriele Cristini) e un “motivatore” in depressione (Valerio
Mastandrea), che invero ha meno motivi degli altri per uccidersi ma
non molla.
Se
la sceneggiatura è prevedibile, e francamente la sorpresa maggiore
del film è assai forzata, la regia di Genovese (il cui Perfetti
sconosciuti ha il record di essere il film italiano di cui sono
stati fatti più remake nel mondo) è adeguata. Solo a tratti però
si perviene alla commozione preventivata. Molto buono il montaggio di
Consuelo Catucci, con le sue veloci successioni di primissimi piani
nei dialoghi; e buona la cupa fotografia di Fabrizio Lucci.
Margherita Buy è convincente nel suo ruolo, mentre Mastandrea fa il
possibile per tirar fuori qualcosa da un personaggio debole (e
telegrafato). Parlando in generale, a volte si desidera la presenza
sul set, più che di un angelo, di un insegnante di dizione.
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