Miroslav Mandić
C’è
una metafora alla base del commovente film sloveno sull'Alzheimer
Sanremo di Miroslav Mandić, coproduzione del 2020 con
l’Italia: ed è l’acqua, paragonata alla vita della mente. Il
film mette a contrasto il fiume, la cascata, il mare, acqua viva in
movimento, con l’acqua ghiacciata e immobile, come pietrificata,
nella cascata gelata del finale. E forse nuoce al film (scritto dal
regista) una certa tendenza “gnomica” nei dialoghi, ridondante
rispetto a questa metafora che poteva tranquillamente essere affidata
alle sole immagini.
In
generale Mandić
fa largo uso della metafora: la ritroviamo nella nebbia che invade lo
schermo nella parte iniziale, con il protagonista Bruno che si aggira
senza meta per tornare a casa, ma anche negli alberi abbattuti alla
fine, con il dettaglio di uno scoiattolo smarrito. In
modo minimale, senza spettacolarizzazione alla The Father,
il film ci porta nella vita e
nella mente confusa di Bruno,
al quale l’Alzheimer ha rubato il flusso del ricordo e degli
affetti. Ospite di una casa di riposo per anziani, rustica e
accogliente, fra i boschi, Bruno non riconosce la figlia quando viene
a trovarlo; vive in un mondo di vecchi ricordi pietrificati; crede
che la moglie e il suo cane, morti da tempo, siano ancora vivi
e lo aspettino a casa. Bruno mostra
nel
suo modo chiuso una
tenerezza verso
un’altra ospite, l’ex cantante Duša: un amore inespresso che si
perde ogni giorno; la
malattia
può solo trasformare i sentimenti in accenni embrionali. Dice
Duša: “Ogni giorno è un nuovo giorno. Ci alziamo la mattina e
ricominciamo da capo”. Se per noi la vita è un flusso continuo, o
appunto un fiume, è centrale in queste esistenze il concetto di
blocco.
Sanremo
è proprio nel senso del festival, presente
nei
ricordi di Bruno degli anni sessanta (“Noi
aspettavamo ogni anno il festival di Sanremo. Quella era musica!”) –
e “Non
ho l’età” di Gigliola Cinquetti, la canzone amata da Duša, è
un
elemento ricorrente
nel film.
Bellissima
la fotografia di Peter Zeitlinger (di
cui abbiamo ammirato di recente L’angelo
dei muri), un maestro
degli specchi, dei riflessi, dei piani di visione, dello scambio tra
soggettiva e oggettiva, del dialogo tra primo piano e fondo. E’
magnifico l'uso delle finestre, che mette in comunicazione visiva due
spazi – irrevocabilmente separati – vuoi attraverso la profondità
di campo, con eleganti sfumature della messa a fuoco, vuoi attraverso
l’uso del riflesso. Naturalmente Sanremo
è in primo luogo un film di attori, sorretto da due eccellenti
interpretazioni
di Sandi
Pavlin (Bruno) e Silva Čušin (Duša). Senza
togliere nulla all’ottimo Pavlin, si rimane particolarmente colpiti
dalla recitazione della seconda, di un’intensità fulminante, una
fisionomia capace di
trasmettere un universo di significato in una sola semplice
espressione.
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