Ruben Fleischer
L’ipotesi
che in certi
antichi oggetti o edifici sia celato
un codice è una delle fantasie più suggestive della fiction
d’avventura: questo
perché al valore intrinseco dato dalla patina del passato se
ne sovrappone
un altro, di tipo enigmistico e di scoperta. Uno
degli esempi canonici
è il dittico National
Treasure con Nicolas Cage, ma
gli italiani di una certa età
non dimenticano il mitico sceneggiato tv Il segno del
comando; e
Dan Brown ci
ha fatto soldi a
palate con
i suoi romanzi e i relativi
film.
Facendoci
sobbalzare subito con uno dei più sfacciati inizi in
medias res che ricordiamo di
aver visto, il film d’azione
Uncharted di Ruben
Fleischer si muove su questa linea, celebrando
le avventure dei
ladri-archeologi Nate (Tom Holland) e Sully (Mark Wahlberg) che
saltabeccano tra
gli Usa, la Spagna e
le Filippine alla ricerca del favoloso
tesoro perduto di Magellano.
Naturalmente,
come da manuale d’ogni
caccia al tesoro, la
regola è: non
puoi fidarti di nessuno.
In aggiunta ai titoli
citati, altri riferimenti possono
essere Indiana Jones (inarrivabile, certo) e Tomb
Raider; al
pari di quest'ultimo, Uncharted
è tratto liberamente
da un videogioco – lo
mostra
anche lo stile – ed è in prospettiva il primo di una serie, come
promettono due scene inserite
nei titoli di coda.
Il
film non sarà originalissimo ma è ben raccontato, con un ritmo
veloce e piacevole che culmina – senza fare spoiler – con un
climax delirante che fonde l'elemento tecnologico con quello
piratesco, ieri e oggi, il legno e il metallo. Al suo attivo ha un
elemento di levità, una leggerezza spiritosa, un po’ come quella
dei vecchi James Bond con Roger Moore. Così il regista Ruben
Fleischer, già autore del divertente film di zombi Benvenuti a
Zombieland, firma un’opera francamente godibile.
Messaggero Veneto
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