Asghar Farhadi
Kafka
in Iran? Non proprio, è un film molto concreto;
ma certo è di quelle che popolarmente chiamiamo “kafkiane”
l'avventura di Rahim nel film di Asghar
Farhadi Un
eroe. Il protagonista è in
prigione per un debito coll'ex suocero, che ha il dente avvelenato
verso di lui. La sua fidanzata (però il loro impegno non è ancora
stato ufficializzato) ha trovato per strada una borsa smarrita con
dentro 17 monete d'oro; durante un breve permesso dell'uomo, i due
cercano di venderle, per pagare in parte il debito e far uscire Rahim
di prigione, ma poi rinunciano – peraltro l'onestà non è il primo
motivo a emergere – e mettono un annuncio per restituirle. Si fa
viva in lacrime, presso la sorella di Rahim, la donna che le ha
perse; aveva tenuto segreti questi suoi risparmi al marito e al
fratello, che li avrebbero dilapidati. La storia della restituzione
si viene a sapere e Rahim diventa un eroe sui media – con grande
entusiasmo dei dirigenti della prigione.
Sembra un colpo di
fortuna – ma su quella maledizione di Dio che sono i social
cominciano a girare delle voci (pompate inizialmente dall'ex suocero)
che sia tutta una truffa, architettata da Rahim e magari anche dai
dirigenti della prigione (per distogliere l'attenzione dal suicidio
di un detenuto).
Fatto sta che Rahim
nelle sue dichiarazioni pubbliche ha innocentemente alterato la
verità, dicendo di aver trovato lui la borsa, per lasciare fuori
dalla faccenda la fidanzata. Così si ritrova nella stessa situazione
da sabbie mobili dei noir e delle commedie: una piccola bugia
costringe a dirne sempre più grosse e così via, “a valanga”. In
generale noi spettatori del film ci troviamo in una situazione
privilegiata, con uno sguardo al di sopra dei personaggi; vediamo la
separazione tra le parole dei protagonisti e ciò che conosciamo. E
contemporaneamente, mentre crediamo di vedere tutto, ci è precluso
quello che è dentro i cuori.
Il guaio peggiore è
che la donna beneficiata, che potrebbe testimoniare, è introvabile.
Ah, ma poi: era davvero quella giusta? Qui la nostra situazione di
privilegio spettatoriale cessa, e non ne sappiamo più dei
protagonisti. Nell'episodio della restituzione della borsa la donna è
molto commovente, certo; retrospettivamente pensiamo che se stava
recitando è un'ottima attrice. Ma un momento: stiamo vedendo un
film: è un'ottima attrice. A quale livello, dentro o fuori
del plot, si situa la sua recitazione? Questo esempio ci dice come il
film di Farhadi sia complesso sotto la sua semplicità: una partita a
a scacchi narrativa dove ogni mossa spiazza rispetto alla precedente.
All'ombra di un regime
chiuso, Un eroe è un film senza personaggi cattivi (semmai,
mediocri burocrati) – ivi compreso l'ex suocero, che ha tutte le
ragioni di lamentarsi per la dote della figlia andata in fumo. Un
eroe – potremmo dire – traduce in lingua persiana la famosa
frase de La regola del gioco di Jean Renoir: “Il tragico
della vita è che ciascuno ha le sue ragioni”.
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