domenica 3 ottobre 2021

Lady Windermere's Fan

Ernst Lubitsch

«Gli interessano solo le porte, è il regista delle porte!», protestò Mary Pickford quando con “Rosita” il grande Ernst Lubitsch venne in America a lavorare per la United Artists. E' vero: Lubitsch è il regista delle porte. Da un lato rappresentano materialmente una gestione perfetta delle uscite e delle entrate, dall'altro l'abilità ironica di fermarsi davanti a una porta chiusa. Lubitsch è il re dell'ellissi e del sottinteso.
Ambientato fra l'aristocrazia inglese, è tutto un aprirsi e chiudersi di porte altissime anche il meraviglioso “Lady Windermere's Fan” (1925), tratto da Oscar Wilde attraverso un'abile riscrittura di Julien Josephson. Il cinema di Lubitsch è puro genio nei movimenti, nella scansione dei piani, nella gestione degli attori, nei chiarissimi sottintesi; “Lady Windermere's Fan” è un film da manuale come illustrazione dello stile del regista berlinese fattosi americano. «Lo spostamento che in ogni film di Lubitsch smentisce ora il dialogo ora le immagini, e più spesso entrambi» (Enrico Ghezzi). Tutto il film si basa sull'uso geniale di barriere allo sguardo – battenti aperti, siepi e piante, divani, mobilio, o anche lo stesso bordo dell'inquadratura (la scena famosa delle teste di tre pettegole che emergono dal basso a turno). Sono barriere che ingannano i personaggi, distorcendo la loro percezione con esiti comico-drammatici, ma non lo spettatore, che è in posizione privilegiata, portato in mano dal regista: perché Lubitsch guarda l'agitarsi dei personaggi da un'altezza superiore, come gli dei dell'Olimpo, e ivi trasporta lo spettatore – solo che si ferma con sottile sarcasmo davanti alle conclusioni, lasciandogliene la responsabilità. E il filmare in questo stile abilissimo non è solo ironia, ma può raggiungere picchi di commozione: come mostra la superba interpretazione di Irene Rich (Mrs. Erlynne) in “Lady Windermere's Fan”.

Messaggero Veneto

Nessun commento: