venerdì 17 luglio 2020

I WeirDO

Liao Ming-yi


L'eccezionale I WeirDO, da Taiwan, diretto da Liao Ming-yi (che firma regia, sceneggiatura, fotografia e montaggio) è una dramedy, o commedia drammatica, sull'amore di un ragazzo e una ragazza afflitti da disturbo ossessivo compulsivo (DOC). Imbacuccati quando escono all'aperto con impermeabile, cappuccio alzato, mascherina e guanti, imprigionati in una rete di comportamenti compulsivi, il giovane Po-ching (Austin Lin) e la giovane Ching (Nikki Hsieh) si incontrano e si corteggiano (l'iniziativa parte da lei, la più determinata) in una spiritosa descrizione che incrocia il disturbo psichico e il mix di timidezza e audacia giovanile in tema d'amore. La descrizione di questo rapporto inserita nel contesto del DOC potrebbe far pensare – per trovare riferimenti nel cinema occidentale – a Woody Allen e Noah Baumbach; ma è il secondo nome a emergere con forza nella seconda parte, commovente e quietamente tragica (perché l'amore è tragico, non c'è scampo). La guarigione di un membro della coppia, rifiutata dall'altro, si trasforma in una replica inversa di quel “melodramma di malattia” che è quasi un genere nel cinema orientale. Una “guarigione” destinata a far saltare in aria l'amore, col che però il film consciamente sfida i nostri presupposti e le nostre convinzioni: cos'è la salute? cosa significa normalità? e soprattutto: come funziona l'amore? Una fra le molte cose memorabili del film lo shifting di focalizzazione che avviene a metà, dichiarato dal passaggio dalla voce over maschile a quella femminile; e questa lucidissima voce narrante femminile filosofeggia dolorosamente sull'amore come stato instabile e contraddittorio dell'anima. Come si sarà già compreso, tutto il film è strutturato in modo geometrico sui principi del rispecchiamento e della duplicazione. E infatti c'è anche di più: una parte finale sorprendente torna indietro nel film e ne inverte lo svolgimento, riproducendolo identico a ruoli invertiti. Nota che questo raddoppiamento non è meccanico: la voce narrante di lei comporta una consapevolezza del futuro che a lui mancava – e che si collega all'esperienza dello spettatore perché questi ha “già visto”, a ruoli invertiti, lo sviluppo. Del resto Ching è sempre stata nel film la più intelligente dei due.
Questo film girato con l'iPhone XS mostra fin dall'apertura una particolare precisione – “giustezza” – sul piano fotografico: nel formato “quadrato” che ricorda il vecchio 1,33:1, Liao lo sfrutta magnificamente in apertura con una “fuga” di due scaffali del supermercato che dirigono lo sguardo verso il fondo. Poi in questo fondo scena passa Po-ching tutto imbacuccato e un breve carrello laterale lo segue a distanza fino allo stacco in primo piano. Quando, aprendo la seconda parte del film, il formato si allarga a rettangolare (implicando, come ha scritto Ross Chen, un superamento della conduzione “ristretta” di chiusura in se stessi dei protagonisti, ma un allargamento che non viene senza conseguenze), il passaggio da un formato all'altro è reso fluido connettendolo all'apertura di una finestra. Bisogna poi menzionare l'uso, vivace, “almodovariano” ma senza allegria spagnola, del colore. Ma soprattutto una cosa resta da aggiungere: sul piano interpretativo, se Austin Lin è bravissimo, Nikki Hsieh è eccezionale.

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