Adachi Shin
Qualcuno
ha detto che la commedia è la tragedia accelerata. E' certamente
vero, e lo dimostra il giapponese A Beloved Wife di Adachi
Shin, che è molto comico in superficie e molto triste sotto la
scorza; queste due correnti, la superficiale e la sotterranea,
corrono parallele finché non si congiungono verso la fine in una
memorabile scena di scontro verbale in cui i tre protagonisti –
lui, lei e la loro bambina – piangono e ridono allo stesso tempo
(beh, la bambina non ride…). Il comportamento dei personaggi in
questa scena è la concretizzazione delle due correnti del film.
L'osservazione
del comportamento umano (e di coppia) è molto acuta. Lui è Gota,
lei è sua moglie Chika (gli attori, rispettivamente Hamada Gaku e
Mizukawa Asami, sono eccellenti), la loro bambina è Aki (la piccola
Niitsu Chise, notevole anche lei – ma con gli attori bambini
succede quasi sempre). Gota è uno sceneggiatore sfigato come persona
e sfortunato sul lavoro, con molti tratti immaturi. Chika, che deve
mandare avanti la famiglia col proprio lavoro, è inacidita e non
nasconde il suo disprezzo verso il marito (dire che è sboccata è
dir poco); lo insulta in privato e in pubblico, e gli nega il sesso
da anni. Il film ha pagine farsesche, come il tentativo di Chika di
introdursi in albergo di nascosto per risparmiare, e momenti degni di
Woody Allen quando il frustratissimo Gota espone agli spettatori, in
voce over, i suoi piani per convincere la moglie a far sesso con lui.
Ma, come accennato, arriva una svolta indubbiamente meno divertente,
anche se il regista Adachi ha l'intelligenza di non virare in pura
drammaticità, ciò che sarebbe stato contraddittorio. Si inizia in
forme di pura comicità, per finire tra le lacrime, anche se segue
una conclusione aperta che lascia un minimo di speranza: del resto,
Adachi l'ha tratto da un proprio ironico romanzo autobiografico, e
sapendolo possiamo sperare che anche per i protagonisti ci sia in
serbo un futuro meno disastroso.
Messaggero Veneto
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