sabato 11 luglio 2020

A Beloved Wife


Adachi Shin

Qualcuno ha detto che la commedia è la tragedia accelerata. E' certamente vero, e lo dimostra il giapponese A Beloved Wife di Adachi Shin, che è molto comico in superficie e molto triste sotto la scorza; queste due correnti, la superficiale e la sotterranea, corrono parallele finché non si congiungono verso la fine in una memorabile scena di scontro verbale in cui i tre protagonisti – lui, lei e la loro bambina – piangono e ridono allo stesso tempo (beh, la bambina non ride…). Il comportamento dei personaggi in questa scena è la concretizzazione delle due correnti del film.
L'osservazione del comportamento umano (e di coppia) è molto acuta. Lui è Gota, lei è sua moglie Chika (gli attori, rispettivamente Hamada Gaku e Mizukawa Asami, sono eccellenti), la loro bambina è Aki (la piccola Niitsu Chise, notevole anche lei – ma con gli attori bambini succede quasi sempre). Gota è uno sceneggiatore sfigato come persona e sfortunato sul lavoro, con molti tratti immaturi. Chika, che deve mandare avanti la famiglia col proprio lavoro, è inacidita e non nasconde il suo disprezzo verso il marito (dire che è sboccata è dir poco); lo insulta in privato e in pubblico, e gli nega il sesso da anni. Il film ha pagine farsesche, come il tentativo di Chika di introdursi in albergo di nascosto per risparmiare, e momenti degni di Woody Allen quando il frustratissimo Gota espone agli spettatori, in voce over, i suoi piani per convincere la moglie a far sesso con lui. Ma, come accennato, arriva una svolta indubbiamente meno divertente, anche se il regista Adachi ha l'intelligenza di non virare in pura drammaticità, ciò che sarebbe stato contraddittorio. Si inizia in forme di pura comicità, per finire tra le lacrime, anche se segue una conclusione aperta che lascia un minimo di speranza: del resto, Adachi l'ha tratto da un proprio ironico romanzo autobiografico, e sapendolo possiamo sperare che anche per i protagonisti ci sia in serbo un futuro meno disastroso.

Messaggero Veneto


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