Kim Kwang-bin
Una
bambina autistica a causa dello shock dell'incidente in cui è morta
la madre, e perché si sente trascurata dal padre architetto, viene
portata in una nuova casa; qui cambia personalità in modo
preoccupante e poi sparisce, lasciando il padre in una disperata
ricerca. Nei film del ciclo di Narnia (e prima ancora, naturalmente,
nei romanzi di C.S. Lewis), un vecchio armadio è la porta verso il
regno fatato. Succede qualcosa di simile nel bell'horror coreano The
Closet (“L'armadio”, appunto) di Kim Kwang-bin – solo che
qui il vecchio inquietante armadio è la porta per un oltremondo
popolato di bambini-demoni, capitanati da una bambina fantasma
interpretata da Kim Si-ah.
Questa
dotata piccola attrice compare in ben tre film quest'anno al
festival: The Closet, The House of Us e Ashfall.
Ma dopo aver reso omaggio a lei, non possiamo non menzionare la sua
bravissima controparte, la piccola Heo Yool che brilla nel ruolo
della bambina posseduta. Qualcuno dovrebbe scrivere un saggio su
perché i bambini recitano così bene negli horror: lo prendono come
un gioco o esprimono le proprie paure interiori in forma traslata?
Pieno
di soprassalti, di proclamazioni di scetticismo immediatamente
smentite dai fatti, di esorcismi condotti da sciamani locali, il film
scorre in modo fluido e sicuro. E' vero che prende disinvoltamente a
prestito da altri horror americani, come idee e a volte anche come
immagini; in primo luogo da Insidious, ma si potrebbe citare
anche Poltergeist, e Paranormal Activity per la
sequenza, ben realizzata, dei monitor. Però è solo giusto
riconoscere che The Closet trova il proprio elemento di
originalità e anche di commozione (alimentato dal “realismo della
crudeltà” proprio del cinema coreano) nel suo concentrarsi sul
tema del dolore dei bambini abusati o maltrattati o trascurati, tema
che emerge appieno in un dénouement con un tocco di
melodramma. E che suggerisce un'immagine conclusiva a sorpresa una
volta tanto coerente e azzeccata.
Messaggero
Veneto
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