mercoledì 22 gennaio 2020

Richard Jewell

Clint Eastwood

Solo nome e cognome. Il bellissimo film di Clint Eastwood da una storia vera avrebbe potuto mutuare per il titolo il sensazionalismo dei Quaranta/Cinquanta (Framed!), il didatticismo dei Sessanta/Settanta (The Richard Jewell Story), il moralismo dei nuovi anni Dieci (Truth) – ma si intitola semplicemente Richard Jewell (ciò ricorda Sully storia vera anche quella). E' il più antiteatrale, il più essenziale, il più sobrio e trattenuto dei film di Eastwood. Lo stile è totalmente interno al racconto.

Gli eroi son tutti giovani e belli”, canta Francesco Guccini nella sua elegia su un atto di terrorismo mancato. Richard Jewell non è né l'uno né l'altro (beh, giovane lo sarebbe, ma riesce difficile pensarlo tale). E' grasso e un po' ridicolo (nota come un'inquadratura in contre-plongée, forma solitamente usata per magnificare, qui serva a mettere in risalto la sua pancia); è insistente, sembra tonto, è considerato petulante dai colleghi; è un maniaco del controllo, sogna di fare il poliziotto ma non c'è riuscito, adora le armi (un suo fotoritratto in divisa kaki appeso in casa è effettivamente un po' inquietante!). Non paga le tasse da due anni; per non dire che – orrore supremo per i liberals – è un cacciatore iscritto alla National Rifle Association. Ma questa incarnazione dell'antieroe diventa un eroe nazionale, quando è addetto alla sicurezza in un concerto per le Olimpiadi di Atlanta e un mix di intuizione e cocciutaggine lo porta a insistere perché siano chiamati gli artificieri e sgomberato il terreno attorno a uno zaino sospetto. La bomba causerà due morti e oltre cento feriti ma sarebbe stata una strage dieci volte maggiore.
Richard non resta un eroe a lungo. L'FBI non sa che pesci pigliare, e si rifugia nella solita logica dei “profili”: un ciccione bizzarro che vive con la madre... un tipo strambo già licenziato altre volte... non sarà stato lui? Cominciano a sospettarlo, una giornalista d'assalto ottiene la soffiata – andando a letto con l'agente FBI che guida le indagini – ed esce la notizia sulla stampa. Prima che facciate in tempo a dire “Josef Goebbels”, l'eroe diventa il bombarolo agli occhi del pubblico americano.
Nella sua odissea Richard Jewell si trova contro (parole del suo avvocato Watson Bryant) le due forze più potenti al mondo: il governo americano e i mass media. Paul Walter Hauser è stupefacente nei panni dell'ingenuo gigante che ha un totale candore patriottico e sociale, per cui, quando si trova contro quell'America che riteneva indiscutibile, ha negli occhi uno sguardo letteralmente ferito. Sam Rockwell come avvocato Bryant (fisicamente diverso dall'originale) è una figuretta scattante che imposta un perfetto (e divertente) gioco a due con P.W. Hauser. Kathy Bates porta al ruolo – difficile perché facile – della madre di Richard una carica di umanità che le è valsa la nomination come miglior attrice non protagonista agli Oscar.

La sceneggiatura di Bill Ray è perfettamente “eastwoodiana”. Clint Eastwood ha una morale western (sintetizzando con questo aggettivo tutta una serie di tratti della cultura americana che non si esauriscono nel West, e anzi cominciano a definirsi già prima della guerra d'indipendenza). L'importante non è essere cool o socialmente rispettato, ma essere una persona degna, di cui si possa dire, come l'avvocato e vecchio conoscente “I believe him”.
La fedeltà di Eastwood a questa morale nel corso di una lunga filmografia gli dà il diritto della severità. Così, divide gli uomini e le donne del presente film in due categorie nette: uomini e vermi (fra cui il professore ipocrita che denuncia Richard). In questa logica, è per puro disprezzo che il finale fa cadere il nome del vero attentatore quasi en passant (c'era un disprezzo simile, in diversa forma, per la combattente sleale in Million Dollar Baby). Supremamente politically incorrect, il film è feroce sui due principali responsabili: l'agente FBI Shaw, pronto a usare tutti i trucchetti sporchi per incastrare Richard, e la giornalista Kathy Scruggs, che si procura lo scoop grazie a favori sessuali. Per la morale di Eastwood questa donna è una prostituta, e il regista integra visualmente la sceneggiatura con uno scherzo nascosto. Nella scena in cui Kathy si infiltra nell'auto dell'avvocato Bryant e lui la caccia fuori, quando esce – sera, campo medio-lungo – vediamo per un attimo l'interprete Olivia Wilde atteggiarsi in una posizione che ricorda una prostituta di strada. Ciò solo come segno iconografico: poiché per Eastwood, cantore libertario della gente semplice, le prostitute di strada possono essere persone per bene che devono pur vivere, mentre questa è un'arrivista ambiziosa.
E' solo onesto aggiungere circa la vera Kathy Scruggs (non necessariamente quella dipinta nel film: i favori sessuali non furono provati) che se non altro fu una donna leale: rifiutò sempre di rivelare la sua fonte.

Come si suol dire, c'è sempre un giudice a Berlino. L'FBI, tramite Shaw, gioca sporco con Richard in tutti i modi, ma alla fine è costretto a riconoscere di non essere in grado di provare la sua colpevolezza e a dichiarare pubblicamente che lui non è più sospettato (se Richard Jewell fosse finito in pasto ai magistrati italiani, sarebbe finito all'ergastolo). Ma ciò accade solo grazie alla grinta dell'avvocato – e del protagonista alla fine. E' indicativa una battuta dell'avvocato a Richard quando si recano al confronto finale con l'FBI. L'ingenuo Richard dice timidamente “Sono pur sempre il governo americano” – Bryant risponde: “No... Sono solo tre stronzi che lavorano per il governo americano”.
Questa distinzione è importante anche perché illumina un punto centrale della concretezza di Eastwood: Richard Jewell non è affatto un film kafkiano. La persecuzione di Richard non appare mai come una forza oscura e incomprensibile. E' una forza potente, ma messa in moto da individui precisi... un branco di assholes, per citare lo sboccatissimo avvocato Bryant. In fondo, sta tutto nell'ammonimento che Bryant rivolge a Richard all'inizio, quando questi gli dice che ha trovato un lavoro nella sicurezza: “Basta un po' di potere per fare di una persona un mostro”.
Il libertarismo americano di Eastwood è l'erede di una lunga tradizione che si può far risalire a John Locke: un governo è necessario  ma faremmo bene a non fidarcene troppo. Quando arriva la prima notizia del rovesciamento di situazione di Richard, la segretaria immigrata Nadya dice a Bryant: “Da dove vengo io, se il governo dice che uno è colpevole vuol dire che è innocente. E' diverso qui?”
Il grande film di Clint Eastwood potrebbe far pensare a Fritz Lang per il modo secco e perentorio in cui lancia un monito morale e sociale raccontando una storia. Un monito tanto più valido oggi che la stupidità diffusa del web ha moltiplicato a dismisura i pericoli che Richard Jewell denuncia parlando del lontano 1996.

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