martedì 9 maggio 2017

Love and Other Cults

Uchida Eiji

In Love and Other Cults è sicuramente centrale il fatto che la protagonista si chiami Ai (Amore). Questo perché il film, almeno come lo intendo, traccia nel suo svolgimento un'“enclopedia dell’amore” – è come se Ai nel corso della sua storia si reincarnasse successivamente in varie incarnazioni dell’amore, nel senso più lato possibile della parola, dall’amore familiare all’amore sessuale, dalla prostituzione nei massage parlors al porno. Il tutto confusamente intrecciato con il concetto di Dio (amore anche qui?). Non a caso la girandola di situazioni che Ai attraversa diventa anche una girandola di nomi che cambia. Accanto a ciò, Love and Other Cults intende fornirci una descrizione complessiva della vita fra adolescenziale e delinquenziale di questi ragazzi sbandati di una cittadina – dove non manca l’evocazione continua del sogno di andarsene. Un film che, senza possederne la stessa perfezione, mostra quella stessa coraggiosa ambizione alla totalità del superbo Love Exposure di Sono Sion, anch'esso visto in passato al FEFF.
Il film concretizza la sua ambizione “enciclopedica” attraverso una serie di linee narrative interlineate, e una struttura quasi a mosaico, con episodi e forti ellissi. La voce narrante del protagonista Ryota fa da collante, oltre che enunciare per gli spettatori il concetto centrale dell’amore (“Questa è la mia love story”). La narrazione quindi è anticlassica, frazionata, freewheeling. Mi sembra di cogliere nel film una certa influenza di Imamura Shohei (penso alla scena in cui la ragazza drogata “balla” con i gangster sotto gli occhi dell’amico-nemico di Ryota). Spiccano nei suoi episodi una capacità di messa in scena e un senso dell’umorismo grottesco (la scena parodiante Tarantino del rapimento, in cui i cattivi votano su cosa fare della ragazza buttata in una fossa, e lei alza la mano votando per la propria liberazione!) che fanno da punti di concentrazione dell’attenzione.
E’ innegabile che il film non riesce a padroneggiare completamente la sua materia. Si può anche concedere che le parti sono migliori del tutto. Pure, si tratta di un film importante, che lascia, a permanere dopo la visione, un’impressione fortemente positiva. 
 

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