Come
diventerebbe la nostra vita se improvvisamente e misteriosamente
sparisse l'elettricità? Dopo il momento di sconcerto iniziale,
l'iper-urbana famiglia Suzuki mette le gambe in spalla, o meglio
monta sul sellino della bicicletta, e cerca perigliosamente di
raggiungere il nonno pescatore che abita sulla costa, molto lontano.
Survival
Family è estremamente
piacevole.
Ci
sono momenti di vera
satira (gli impiegati che sfondano la porta della ditta pur
di entrare a lavorare!) ma
è una satira delineata così
finemente che si confonde con la pura osservazione. Per cui specie
la prima parte del film è quasi uno studio di antropologia
giapponese: uno dei suoi
motivi di fascino.
Il
film è costellato di idee intelligenti (memorabile
il gruppo di donne cieche che si sono inventate un mestiere come
guida in un lungo
tunnel). Col progredire della
storia si crea un'autentica
empatia verso la famiglia protagonista, e
lo spettatore “sente” la
situazione a tal punto che quando appare una tavola di cibo “normale”
dopo molto tempo, fame e cibo
per gatti, ci sembra di
sentir brontolare il nostro
stomaco.
Risolutamente
ottimista, il film trascura
completamente quei
(sicuri)
risultati della situazione messa
in scena che sarebbero la
violenza e
il saccheggio, o almeno
la prostituzione in cambio di cibo. Però sarebbe ozioso
rimproverarglielo in nome di un mediocre
realismo: quello che importa è che costruisca un racconto in sé
plausibile e capace di avvincere lo spettatore, e su entrambi i piani
il film è pienamente riuscito. Notevole
è soprattutto il suo tono
sobrio: fra tante occasioni,
solo una scena è fortemente enunciativa (la corsa in ralenti
verso il padre ritrovato), e siccome arriva alla fine sciogliendo un
punto di tensione emotiva forte, è più che accettabile.
Probabilmente
il segreto di Yaguchi è che, al di là della buona tecnica di
scrittura e della sicurezza di regia, è un convinto umanista. Non è
la prima volta che nella letteratura/nel cinema assistiamo
all'apocalisse come occasione per una rinascita spirituale – uno
dei primi a farlo in forme sociali, cioè senza recuperare il mito di
Adamo ed Eva, è stato un intelligente scrittore reazionario
francese, René Barjavel (un cui romanzo, fra l'altro, mette in scena
proprio la scomparsa dell'elettricità). Però anche quando la
trasformazione del mondo ha un esito positivo, passa per la violenza,
magari in stile western, ed è duramente definitiva. Nel film di
Yaguchi invece l'esito è una trasformazione personale, che ha luogo
in un “nuovo mondo” che è tornato a essere quello precedente sul
piano tecnologico – anche se non sappiamo quanto, e si si presume
che con l'esperienza vissuta la gente sia diventata più saggia, come
lo sono diventati i membri della famiglia. Più che moralismo
apocalittico, è moralità, che è meglio.
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