Ando Momoko
0.5mm
di Ando Momoko è a parere di chi scrive il miglior film dell'edizione 2015 del Far East Film Festival. E'
la storia di una ragazza, Sawa (interpretazione strepitosa di Ando
Sakura, sorella della regista), la quale all'inizio lavora come
infermiera a domicilio per un anziano moribondo. Aggiungo che questa
sezione porta sullo schermo la fisicità, la concretezza del corpo,
in maniera indimenticabile, dolorosa ma non lagnosa, una sorta di
umanissimo matter
of fact,
e basterebbe già questa sezione per gridare al capolavoro. Per
ragioni troppo lunghe da spiegare qui, Sawa si ritrova disoccupata,
in disgrazia e senza un soldo; allora comincia a cercare anziani
nella cui casa potersi introdurre, magari col ricatto – ma non come
sfruttatrice, anzi, è una presenza benefica; nondimeno, perde più
volte il “lavoro”, per cui il film si struttura in una serie di
tappe, collegate attraverso la figura della protagonista ma in realtà
molto connesse. Poiché è una
specie di grande riflessione poetico-filosofica sul Giappone: dai
rapporti umani e la psicologia collettiva, si allarga in modo fluido
e organico alla riflessione storica, con la memoria tutt'altro che
dimenticata o pacificata della guerra. Detto così, può sembrare
pesante e ponderoso; ma invece è un film di netta e piacevolissima
visione. Solo la sua inusuale lunghezza (196') richiede un impegno allo
spettatore.
Contestualmente,
come si vede dal contenuto, il film è una potente riflessione sulla
vecchiaia e sull'ombra della morte. Il diverso registro dei vari
episodi varia dal comico al drammatico, sempre con un'estrema
economia sul piano emotivo (niente corsa all'effetto!), mentre la
figura enigmatica di Sawa, che resta largamente misteriosa nel corso
dello svolgimento, funziona da catalizzatore e insieme da cassa di
risonanza per queste storie.
Vorrei
menzionare una scena sconvolgente che personalmente reputo possa
entrare in un'antologia ideale del cinema giapponese in assoluto, ed
è all'altezza di un Oshima: un vecchio ex ufficiale, appena caduto
in preda alla demenza senile, scambia Sawa per una giornalista e le
concede un'“intervista” sulla guerra, che in realtà è un
delirio, fatto di ripetizioni di frasi slegate, ma che si traduce
sullo schermo in una pagina poetica e dolente di altezza vertiginosa.
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