martedì 12 maggio 2015

0.5mm

Ando Momoko

0.5mm di Ando Momoko è a parere di chi scrive il miglior film dell'edizione 2015 del Far East Film Festival. E' la storia di una ragazza, Sawa (interpretazione strepitosa di Ando Sakura, sorella della regista), la quale all'inizio lavora come infermiera a domicilio per un anziano moribondo. Aggiungo che questa sezione porta sullo schermo la fisicità, la concretezza del corpo, in maniera indimenticabile, dolorosa ma non lagnosa, una sorta di umanissimo matter of fact, e basterebbe già questa sezione per gridare al capolavoro. Per ragioni troppo lunghe da spiegare qui, Sawa si ritrova disoccupata, in disgrazia e senza un soldo; allora comincia a cercare anziani nella cui casa potersi introdurre, magari col ricatto – ma non come sfruttatrice, anzi, è una presenza benefica; nondimeno, perde più volte il “lavoro”, per cui il film si struttura in una serie di tappe, collegate attraverso la figura della protagonista ma in realtà molto connesse. Poiché è una specie di grande riflessione poetico-filosofica sul Giappone: dai rapporti umani e la psicologia collettiva, si allarga in modo fluido e organico alla riflessione storica, con la memoria tutt'altro che dimenticata o pacificata della guerra. Detto così, può sembrare pesante e ponderoso; ma invece è un film di netta e piacevolissima visione. Solo la sua inusuale lunghezza (196') richiede un impegno allo spettatore.
Contestualmente, come si vede dal contenuto, il film è una potente riflessione sulla vecchiaia e sull'ombra della morte. Il diverso registro dei vari episodi varia dal comico al drammatico, sempre con un'estrema economia sul piano emotivo (niente corsa all'effetto!), mentre la figura enigmatica di Sawa, che resta largamente misteriosa nel corso dello svolgimento, funziona da catalizzatore e insieme da cassa di risonanza per queste storie.
Vorrei menzionare una scena sconvolgente che personalmente reputo possa entrare in un'antologia ideale del cinema giapponese in assoluto, ed è all'altezza di un Oshima: un vecchio ex ufficiale, appena caduto in preda alla demenza senile, scambia Sawa per una giornalista e le concede un'“intervista” sulla guerra, che in realtà è un delirio, fatto di ripetizioni di frasi slegate, ma che si traduce sullo schermo in una pagina poetica e dolente di altezza vertiginosa. 
 

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