Quando è morta
Greta Garbo, con autentico dolore di milioni di persone, giustamente
la Rai le ha reso onore, trasmettendo “La Regina Cristina” di
Rouben Mamouliann (com'è bella lei in quel film!). E' giusto che,
quando muore una star, appaia fuori programma un suo film a
ricordarcela. Forse ricorderete che ci abbiamo anche scherzato sopra,
qualche tempo fa, quando improvvisamente la televisione ha fatto
credere a tutt'Italia che Liz Taylor – malata, si mormorava, di
Aids – fosse morta, per il solo fatto di aver trasmesso
“Cleopatra”.
Esiste, però, anche
una folla di mezze star, o se preferite, quarti di star, che
comprende i caratteristi, i grandi visi della serie B, gli eroi di
Poverty Row. Giovedì abbiamo appreso che è morto a Madrid, a 72
anni, Fernando Sancho. Ecco: giusto adesso che le reti private, e
specialmente Italia 7, alleviano la calura estiva a forza di peplum,
Pierini, kung-fu (di questi non più tanti, purtroppo) e western
italiani, speriamo che trasmettano uno di quei film/commemorazione
anche per Sancho.
Non era un grande
attore, ma quando appariva il pubblico diceva: “E' lui!”. E aveva
ragione: con Clint Eastwood, Giuliano Gemma e Lee Van Cleef, il
western italiano era Fernando Sancho. Grasso, sudato, inespressivo,
il corpaccione pesante, gli occhietti grigiazzurri, i baffoni da
tricheco, sempre stracciato e polveroso (massimo di eleganza, una
vecchia giubba nera messicana con alamari e medaglie di latta),
Sancho, bandito da strapazzo, è stato il “villain” ufficiale del
“western spaghetti”. Perfino Christopher Lee, il vampiro per
eccellenza, in un film su tre fa il buono. Fernando Sancho doveva
sempre ammazzare, rapinare banche, tentare (con commovente
goffaggine) di violentare donne, e poi farsi sparare dall'eroe. Viene
da pensare che nella vita reale avrebbe dovuto essere immortale per
compensazione, tante volte è morto alla fine del film. Non
conosciamo nessuno che abbia incassato tante pallottole quanto lui.
Onesto caratterista,
ci torna alla memoria in mille particine, non solo western.
Poliziotto tonto preso in giro dalla bambina indemoniata ne
“L'eretica” di Armando De Osorio. Dittatore sovietico dal look
staliniano, amico/nemico di Raimondo Vianello ne “Il vostro
superagente Flit” di Mariano Laurenti. E fra i suoi mille western
citiamo solo l'archetipico “Una pistola per Ringo” di Duccio
Tessari, col demenziale gioco della roulette umana. I “bandidos”
capitanati da Sancho fanno sedere attorno a un tavolo rotondo i
peones prigionieri e buttano sul tavolo una Colt. Parte un colpo, un
“peon” cade fulminato, il bandito che aveva puntato su di lui ha
vinto.
Era a tal punto “il”
bandito ufficiale, Fernando Sancho, che in “Little Rita nel West”
di Ferdinando Baldi – un western musicale interpretato da Rita
Pavone e Lucio Dalla! - compariva, come personaggio, col proprio
nome, assieme a Ringo e Django. “Arriva Sancho”. Non tocca a
molti, questo.
E così, signori
programmisti, dedicate un film alla memoria di Fernando Sancho,
attore non da Oscar, che abbiamo molto amato. Dopo tante disciplinate
morti di celluloide, se lo merita.
(Il
Piccolo,
agosto 1990)
1 commento:
Grande! Ma che c'entra?
Posta un commento