martedì 29 ottobre 2013

Gloria

Sebastian Lelio

Che un film non privo di difetti e di incertezze come la commedia sentimentale Gloria lasci allo spettatore una sensazione così calda di simpatia e comprensione certamente non si deve soltanto ai due monumentali interpreti Paulina Garcia e Segio Hernandez: è evidente che il regista cileno Sebastián Lelio ha un talento autentico.
Gloria è una divorziata over fifty, né bella né brutta, ancora piena di voglia di vivere, il tipo che ama cantare in auto assieme alla radio. Incontra Rodolfo, un coetaneo che sembra il compagno ideale; ma si rivelerà il perfetto esemplare di uomo-bambino (attenzione, signore! Questo film mostra che non bastano i capelli bianchi e la panciera come garanzia). Provvisto di una magnifica coda di paglia maschile, Rodolfo è molto romantico ma poi scappa sempre: legato a doppio filo alle figlie adulte, che lo chiamano ancora “papino”, nonché alla ex moglie, non osa dir loro della nuova relazione, ma in cambio appena telefonano lui accorre (per questo a un certo punto Gloria gli getta il cellulare nella zuppa di pesce). E alla fine - quando Gloria tira le somme, e non solo quelle - siamo tutti con lei.
Lo spettatore non sa pressoché nulla della storia della protagonista prima dello svolgimento, ma il film è la cronaca di un'apertura continua alla vita. Nonostante i malanni dell'età (deve mettersi ogni giorno le gocce per il glaucoma), i dispiaceri dei rapporti sentimentali, ma anche quelli familiari, è un personaggio che va avanti, e anzi, il disastro del rapporto con Rodolfo la lascia ancora più viva: l'accettazione del bellissimo gatto nudo (razza Sphynx) del vicino, che prima detestava e chiamava pipistrello; gli spinelli, esperienza prima respinta (“Ho il terrore di perdere il controllo”) e poi adottata con piacere; e naturalmente il sesso. Nel film, e questo è uno degli aspetti più interessanti, c'è uno sguardo franco sulla sessualità nell'età matura (il coup de théâtre quando Gloria rovescia un possibile litigio e si esibisce nuda al compagno è memorabile).
Sullo sfondo - ma appunto sullo sfondo, oppure in tv, stanno le manifestazioni - sta il Cile col peso della sua storia e l'incertezza di un'identità nazionale ricostruita in modo tenue (la scena forse un po' troppo didattica della conversazione a cena). Da notare le implicazioni del fatto che che Rodolfo, come racconta, abbia lavorato in passato per la Marina, occupandosi di spedizioni; per chi abbia un'idea degli avvenimenti cileni questo suona alquanto inquietante.
Il film è privo di score di commento, ma ricco di musica diegetica, quasi tutte canzoni di musica leggera, il che contribuisce al suo senso di immediatezza. L'occhio/mdp di Sebastián Lelio segue la sua protagonista come un'ombra, accompagna la sua quotidianità, in una marcata identificazione. Anzi, il fatto che la storia giri così nettamente intorno a un personaggio prepotentemente vivo come Gloria (e su Rodolfo che diventa centrale tramite lei) esercita una sorta di forza centrifuga sul resto, che impallidisce e si allontana verso i margini del racconto. Una centralità dell'individuo protagonista che potrebbe ricordare il cinema classico.
Bisogna peraltro dire che il film soffre di due problemi particolari, nel reparto sceneggiatura e nel montaggio. Circa il primo, basta fare l'esempio del figlio di Gloria: questi prima appare con i capelli lunghi e con un figlio infante malaticcio (dal contesto si direbbe separato dalla moglie); più tardi ricompare, coi capelli tagliati cortissimi (e Gloria lo consola dicendo che ricresceranno). Cosa è successo?E' stato malato? Del nipotino di Gloria non si parla più. Evidentemente c'è una parte di girato che non è entrata nel montaggio definitivo, ma lo iato nella continuità resta evidente come una buca nella strada.
La prima parte del film appare un po' faticosa. In generale, in alcune parti di Gloria sarebbe stato opportuno un montaggio più deciso, mentre altre (per esempio l'intera sezione sull'albergo al mare) sono eccellenti. Ma va anche detto che in seguito il racconto prende l'aire e procede sempre più deciso fino la conclusione, che esplode, com'è giusto, nella grande canzone eponima di Umberto Tozzi in versione spagnola.

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