The
Last Supper
è un potente dramma storico, scritto e diretto da Lu Chuan (City
of Life and Death);
il montaggio, importantissimo, è firmato da Liu Yijia. Nel film si
intrecciano le storie di tre personaggi, Liu, di umile origine ma
destinato a diventare imperatore, Yu, il generale ribelle sotto la
cui bandiera ha combattuto contro la dinastia Qin, e Xin, il cui
cambio di alleanza dona a Liu il trono, ma del quale Liu non si
fiderà più. Fra i tre è un intrecciarsi di tradimenti, di atti di
generosità mal ripagata, di sospettose crudeltà. Dietro di loro si
agitano i personaggi secondari: in primo luogo la moglie di Liu, Lu
Zhi, e poi tutti gli uomini che lo hanno accompagnato nell'ascesa al
potere - e con questo hanno camminato verso la propria perdizione.
L' epopea del potere e
del tradimento si srotola in un intrico di tempi e di ricordi, a
partire dal “racconto primo” con l'imperatore Liu vecchio e
disperato, mentre si avvicina la morte e il potere gli sfugge
impercettibilmente dalle mani sotto le trame della moglie:
l'eccezionale attrice Qin Lan, truccata per la maggior parte del film
da vecchia, disegna un'indimenticabile Lady Macbeth cinese, intensa e
drammatica nei suoi primissimi piani dagli occhi gelidi.
Il
tempo narrativo base, dunque, non è la gloria della giovinezza né
la maturità del tradimento: è la vecchiaia, quando il potere sa di
cenere - e questo è Shakespeare, nume ispiratore del film (non solo
tramite Kurosawa). Non per nulla certe inquadrature del vecchio
imperatore hanno una tipica costruzione da teatro-nel-cinema, con il
primo piano che si articola in un primissimo piano dell'imperatore e
un personaggio immediatamente alle sue spalle. L'aspetto visuale del
film è stupefacente: la fotografia di Zhang Li e Ma Cheng raggiunge
un livello di bellezza da mozzare il fiato, ben al di là dello
“spazio largo” necessariamente concesso alla foto nei film
storici; e l'equilibrio dialettico che vibra in queste composizioni è
prettamente cinese.
La
consegna della testa mozza del generale Xin apre la lunga partita a
tre che si dipana retrospettivamente attraverso diversi strati
temporali nella tessitura dei flashback. Complesso mosaico di tempi e
di ricordi, il film autorizza un riferimento a Ejzenštejn
- non per l'aspetto visuale ma per il montaggio, che non è
semplicemente narrativo ma prettamente intellettuale. Un suono chiama
un'immagine, un'immagine chiama un tempo; il processo del pensiero si
svolge sotto i nostri occhi: il lavoro della memoria va oltre la
normale funzione drammatica dei flashback perché ne riprende e ne
sviluppa l'interiorità. Benché alla fine il quadro si delinei
pienamente, pure l'impressione che la visione trasmette è quella di
un caos corrusco ed onirico. Anche se molti flashback hanno spesso un
contenuto oggettivo, rivelando cose che il protagonista non può
sapere, la crudele confusione del mondo, che emerge dal racconto, si
accorda perfettamente con la dimensione soggettiva della mente
turbata del vecchio imperatore.
Da
questo caos gli episodi, frammenti di passato, emergono come lampi,
amplificati dalla grande bellezza visuale. Cito solo il banchetto di
Yu col tentativo di omicidio, prolungata sequenza d'incubo ritmata
dalla danza del guerriero armato di spada (un altro asset
del film, è l'uso stupendo del suono).
Lungo
tutto il film serpeggia un coraggioso riferimento al passato prossimo
della Cina comunista - per esempio il fondamentale discorso
“orwelliano” sulla possibilità di cambiare il passato
riscrivendo la storia: il potere è anche il controllo degli archivi.
Ma anche al di là della storia della Cina, The
Last Supper
parla, con implacabile potenza, del dramma umano.
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