martedì 7 maggio 2013

Saving General Yang

Ronny Yu

E' ben nota al pubblico cinese l'antica storia del generale Yang, assediato dai nemici Khitai, e di come i suoi sette figli gli vanno in soccorso e poi, tutti meno uno, sacrificano la loro vita affinché l'ultimo possa portare il cadavere del padre a casa. Ronny Yu - ottimo regista a metà strada fra Hong Kong e Hollywood - la canta in Saving General Yang con aperta epica solennità. Se l'azione in una prima scena (il flashback dello scontro a due) è alquanto debole e frettolosa, ciò viene poi ampiamente compensato dal sanguinoso crescendo nel resto del film, con pagine di combattimento memorabili. Almeno una è da antologia: il duello all'arco fra due abilissimi arcieri in mezzo all'erba alta. Ma è da citare anche l'improvviso e spiazzante flashback che incrocia la morte di due dei fratelli, che precipitano in un dirupo insieme ai nemici, con un ricordo infantile, quando da bambini si erano tuffati in acqua da una rupe per sfuggire ai compagni di giochi dopo uno scherzo. E' interessante notare che nella presentazione “barbarica” dei Khitan – e per estensione quindi negli scontri – il film mostra chiaramente l'influenza de Il Signore degli Anelli.
Tuttavia, non è semplicemente sui combattimenti che Ronny Yu gioca le sue carte, bensì su tre elementi che vorrei elencare in ordine crescente di importanza. Primo, l'atmosfera morale su cui si articola il film. Quel senso del dovere (righteousness, cioè yi) intriso di sacrificio, e di conseguenza implicitamente fatale, è connaturato al wuxiapian come genere ma raramente il cinema lo esprime con tanta forza e sicurezza.
Secondo, il grande affresco pittorico. Davvero si può dire che ogni inquadratura è un quadro, grazie alla fotografia di Chan Chi Ying: incantevole composizione, senso paesaggistico, originalità delle soluzioni espressive, come quando la decapitazione dell'ostile consigliere da parte del comandante Khitan avviene in un momentaneo fuori campo entro la continuità di un carrello laterale, a causa di un monticello di terra che blocca per un attimo la visuale. In Saving General Yang la concezione “eroica” della fotografia (inquadrature a piombo ecc.) non appare mai roboante proprio perché si inserisce con coerenza in un tono alto generale.
Ma soprattutto, a rendere grande il film arrivano gli splendidi squarci sentimentali e melodrammatici in cui si spalanca il racconto (e questa non è una sorpresa, venendo dall'autore di The Bride with White Hair). Penso al “controcanto” femminile, fatto di trattenuto dolore dominato dal senso del dovere, rappresentato dalla madre Lady Yang (una splendida interpretazione di Xu Fan) - e proprio questo “controcanto” viene ripreso e riflesso dalla parte del nemico col discorso del comandante Khitan sul dolore della madre propria, un racconto che improvvisamente lo umanizza per entro la ferocia della vendetta.
Un dettaglio come lo sguardo del generale Yang alla moglie prima di partire, col suo breve controcampo, ci ricorda che è di queste cose che si fa il cinema. Il punto più alto è la scena in cui Lady Yang saluta i sette figli in partenza - una scena, per la concezione e per l'invenzione dei particolari significativi, addirittura fordiana. Così il film fonda un discorso eroico privo di revisionismi su una sensazione viva e dolorosa del prezzo umano da pagare - sfuggendo all'aspetto per così dire “ginnico” dei wuxiapian puramente avventurosi.

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