lunedì 3 gennaio 2011

The Tourist

Florian von Donnersmarck

Decisamente Florian von Donnersmarck non ama la polizia. Il che è alquanto comprensibile per un regista che, nato a Colonia, è vissuto a contatto di gomito con la mostruosità totalitaria della Germania Est, e che ha diretto il suo film principale, “Le vite degli altri”, proprio su quel regime: sulla sua ossessione del controllo sui cittadini e su come i farabutti al potere ne abusavano a scopo privato. Così l'aspetto più interessante di “The Tourist” - e l'unico in cui questo film hollywoodiano del regista tedesco si può connettere labilmente all'altro - sta in una buona dose di antipatia per i poliziotti in genere e di ironia sulle loro pratiche di sorveglianza. Forzando un po', potremmo dire che quel controllo poliziesco che era tragedia ne “Le vite degli altri” si trasforma in commedia giallo-rosa in “The Tourist”. Qui dunque il concetto va oltre il contesto dello stato totalitario e si avvicina piuttosto, si parva licet componere magnis, a quella paura della polizia che attraversa tutta l'opera di Hitchcock.
Vedi l'odioso poliziotto carrierista e crudele interpretato da Paul Bettany, che nella Stasi della Germania Est ci sarebbe stato benissimo; ma anche il paterno e gentile commissario italiano Christian De Sica, che non vede l'ora di rivendere Johnny Depp ai gangster che lo cercano. Vedi come nella bella sequenza d'apertura i poliziotti francesi che con gran pompa di tecnologia nascosta nel loro furgone sorvegliano Angelina Jolie a Parigi si facciano fregare bellamente, e finiscano per arrestare un povero cristo di passaggio. L'unico poliziotto a far bella figura è Timothy Dalton, che appare come deus ex machina giusto in tempo per evitare ai due protagonisti di fare una brutta fine.
Pur avendo a disposizione tutte le possibilità offerte da una trama complessa (e amabilmente silly), “The Tourist” è un film alquanto fiacco. In verità non si può dire che ci si annoi; la sua ora e quaranta passa senza dover guardar l'orologio ogni cinque minuti, anche grazie a una buona figura di cattivissimo nella persona di Steven Berkoff (il super-gangster che perseguita Jolie e Depp in concorrenza con la polizia). E in fondo, un inseguimento in motoscafo lungo i canali di Venezia non si butta mai via. D'accordo, è una Venezia - oltre che topograficamente reinventata - sfacciatamente turistica, l'hanno detto tutti, ma cosa vi aspettate da un film che si chiama “The Tourist”?
D'altro canto, il film rimane sempre sottotono rispetto alle sue possibilità. Von Donnersmarck non riesce a dargli vivacità; lo svolge come un compito con teutonica gravezza. Anche la sceneggiatura tende a volare basso. Per esempio: l'idillio vero-falso fra Jolie e Depp ha all'attivo un buon dialogo (le “lezioni di vita” della prima al secondo meritavano di apparire in un film migliore) ma resta frigido. Altro esempio: è chiaro che il viscido Paul Bettany è sessualmente attratto da Angelina e invidioso a morte del misterioso amante di lei, cui dà la caccia; ma questa situazione sadica resta fra le righe (cosa ne avrebbe tratto, non dico il vecchio Hitch, ma qualunque buon regista della Hollywood di ieri!).
Se pure uno si annoiasse, comunque, si divertirebbe lo stesso solo a guardare Angelina Jolie o Johnny Depp, a scelta, in tutta la loro bellezza. Dico bellezza perché in questo film non offrono granché d'altro. Depp, che non attraversa un grande periodo, è irreparabilmente bietolone. Angelina Jolie oltre che bella è brava, ma condannata a una rigidità imprevedibile per la nostra miglior diva d'azione. Il regista e il suo direttore della fotografia John Seale inseriscono diverse inquadrature di pura esaltazione della sua bellezza, ma assai statiche. Così lei recita con gli occhi - al punto che nel film lascia l'impressione di due occhi che camminano.
I numi che sovrintendono a “The Tourist” sono Alfred Hitchcok, Stanley Donen (“Sciarada”), Richard Quine e via dicendo. Così, si potrebbe ipotizzare l'avvio di una nuova tendenza al thriller romantico, che instilla nel corpo dell'action una non celata nostalgia hitchcockiana - tendenza rappresentata quest'anno dal presente film come dal migliore, e sottovalutato, “Innocenti bugie” di James Mangold. E possiamo far riferimento a quest'ultimo per avere un'idea di quello che “The Tourist” poteva essere e non è.

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