mercoledì 16 gennaio 2008

Romance

Catherine Breillat

"Che buffonata l'amore - è una questione di potere", riflette la protagonista (Caroline Ducey) dello splendido "Romance" di Catherine Breillat, combattendo la sua guerra sessuale contro il suo compagno Paul: il quale (dice che) l'ama ma non vuole fare l'amore con lei. "Chi scopa una donna si dice che l'onora. E' un'espressione da tenere in considerazione, perché è proprio così. Paul mi disonora".
Il binario parallelo della voce over dei pensieri della donna è usato con vera genialità; entra a gradi e si sviluppa fino a divenire l'elemento costituente del film. "Romance" è una delle più chiare e lucide discese nella psicologia femminile - quella autentica, non la retorica delle psicologhe delle riviste o delle femministe-sessuofobe - di cui il cinema abbia avuto il coraggio (e il coraggio è sempre stato la dote di Catherine Breillat, autrice di pochi, ottimi, difficili film di scarso successo). "Romance" non è un "conte philosophique", perché non illustra una tesi o una moralità; ma è certo un film "philosophique", e in questo molto francese, perché trasferisce senza sforzo l'"esprit" analitico alla materia più fisica e carnale. Le sue riflessioni sull'erezione maschile, il preservativo, il pompino sono folgoranti come una pagina di Bataille.
Il discorso è esplicito a livello verbale come è esplicito il film sul piano del visibile: il corpo e il sesso reale; fin dall'inizio dove la verità di un accenno di pompino autentico entra come uno shock visivo, nonostante il pubblico sappia già cosa è andato a vedere, dato il "succès de scandale" del film. Il film della Breillat ha la bravura di riportare l'impatto visivo del sesso non simulato al "vero naturale" della vita, qui strettamente riprodotto (anche la voce soggettiva non incrina il realismo: potremmo parlare di un "realismo dell'anima"); la gente fa sesso come la gente mangia, piange, parla. E' questo realismo che giustifica il casting di Rocco Siffredi nella parte di Paolo (nota il nome), l'amante casuale. Il pornodivo Siffredi appare come icona di se stesso (il dialogo lo sottolinea umoristicamente), porta con sé il marchio di autenticità del cinema porno.
"Romance" è l'itinerario interno/esterno di una liberazione, conclusa dal funerale fantasmatico - la scena è evidentemente onirica - di Paul, autenticamente (e giustamente!, aggiungo) assassinato dalla protagonista. Impassibile, arrogante, chiuso nella sua bellezza da "p'tit con" (basette curate, piccolo tatuaggio sul torace), Paul è innamorato di se stesso: è un esempio di narcisismo (il che non implica ma neppure esclude la componente omosessuale sospettabile nel suo aspetto leccato e nel suo rapporto cogli amici maschi). A gran rabbia della sua amante, Paul ama corteggiare le donne in discoteca nello spazio di un ballo, perché questo sedurre e lasciare gli consente di rientrare subito, per così dire, "chez soi", nel proprio narcisismo autistico. Da notare l'opposizione fra la recitazione volutamente chiusa in se stessa di Paul/Sagamore Stévenin e la recitazione "di pelle" di Caroline Ducey. Ma tutti gli uomini nel film hanno qualcosa della maschera: la differenza fra la recitazione femminile e le recitazioni maschili rimanda sì all'impassibilità della corazza propria del maschio, ma anche all'opposizione tra la realtà interiore della protagonista e i fantasmi maschili che le stanno attorno. Perché i personaggi maschili di "Romance", film eminentemente soggettivo, sono anche maschere dell'immaginario femminile. L'amante chiuso nella sua arroganza/impotenza, lo scopatore senza problemi (Rocco Siffredi), lo stupratore senza nome, l'amico brutto e buffo Robert (François Berléand), che osserva: "Le donne belle si compiacciono di farsi sbattere dagli uomini brutti, ma non si dice mai". E' un personaggio divertentissimo - non dimentichiamo che "Romance" è un film pieno d'un sottile humour - col quale s'instaura un'imprevista complicità che trionferà nella scena del parto. Scena anch'essa "porno" (leggi: ricondotta all'autenticità del visibile) che, almeno per un maschio, turba più di tutto il film. Peraltro, non l'aveva già osservato la protagonista? "Agli uomini fa schifo proprio tutto!"

(Il Friuli)

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