domenica 1 dicembre 2024

Il corpo

Vincenzo Alfieri

 “Il corpo” è il cadavere di una bella donna cinquantenne, morta d’infarto (fin dall’inizio, non è uno spoiler): è Rebecca (Claudia Gerini), ricchissima e alquanto crudele, che ha sposato (ovvero si è comprata) un marito squattrinato più giovane di lei, Bruno (Andrea Di Luigi). Dalla sua morte quest’ultimo ha tutto da guadagnare. Com’è, come non è, il cadavere scompare dall’obitorio. Un bizzarro ispettore di polizia (Giuseppe Battiston) indaga sul fatto, e convoca all’obitorio il vedovo tutt’altro che inconsolabile.
È un gioco al gatto col topo (l’ispettore non fa mistero di odiare Bruno) in un’interminabile notte piovosa, costellata di flashback. Anche se Il corpo è il remake di un film spagnolo, l’atmosfera di corruzione diffusa e di prepotenza (la beffa iniziale di Rebecca a Bruno) che vediamo squadernata in questi flashback può far pensare agli ambienti malati di Georges Simenon – mentre il fatto che, di fronte a questi strani avvenimenti, il vedovo comincia inevitabilmente a sospettare che la morta non sia proprio morta è suggerito da un vecchio, bellissimo thriller francese, I diabolici, di Henri-Georges Clouzot. Quel ch’è certo, le regole dell’indagine, come le vediamo nel film, non hanno nulla a che fare con la prassi italiana.
Il corpo è un giallo un po’ fatuo ma divertente, con una buona resa delle atmosfere, e fondato su un’implausibilità addirittura monumentale. Alla fine come tutti i gialli, mette in campo una soluzione (di cui com’è ovvio non farò parola), nella quale alcune apparenti falle logiche vengono tappate – ma al prezzo di un’inverosimiglianza ancora più grande di quella precedente. Ovvero, c’è nel film un doppio set di implausibilità, quella dell’indagine e quella della soluzione. Beninteso, la plausibilità nel cinema non è mai stata una legge assoluta. Ci sono autentici capolavori basati su un’improbabilità quasi sfacciata (uno per tutti: Detour di Edgar G. Ulmer). Ma si tratta di un gioco di prestigio che deve illusoriamente dar conto di tutto, come negli assurdi e meravigliosi romanzi di John Dickson Carr. Ne Il corpo, il primo set di assurdità non è interamente sanato dal secondo.
Infatti nel cinema, accanto alle eventuali inverosimiglianze della trama, vi sono delle assurdità pertinenti all’universo diegetico che mettono in crisi la croyance. Per intenderci, se nel presente film, d’un tratto, il corpulento Battiston facesse un balzo verso l’alto di due metri afferrandosi con le mani a una modanatura del soffitto, la nostra sospensione dell’incredulità ne uscirebbe irrimediabilmente compromessa (mentre in altro contesto lo accetteremmo da John Wick).
Non succede questo ne Il corpo, ma – attenzione, seguono spoiler – riguardo all’atteggiamento dell’ispettore e del suo aiutante verso l’ambiguo Bruno, che è sospettato ma convocato come testimone, i conti non tornano. In Italia, un paese in cui (purtroppo!) un poliziotto che spara a un criminale armato che lo minaccia trova il magistrato che lo manda sotto processo, quello che l’ispettore si permette con Bruno integra una serie di autentici reati, non escluso il sequestro di persona – culminando in una delirante scena di confessione al registratore in una cappella davanti a un pubblico di poliziotti-spettatori. La soluzione finale ne dà una spiegazione psicologica – ma non lo rende credibile. Eppure la soluzione c’era: non si capisce perché gli sceneggiatori (Vincenzo Alfieri e Giuseppe Stasi) non abbiano ambientato il film in qualche paese europeo diverso dall’Italia: bastava cambiare i nomi.
Come già detto, Il corpo è il remake di un fortunato film spagnolo del 2012, El cuerpo di Orion Paulo, che ne ha già avuti un paio. Questo regista e sceneggiatore ha girato nel 2016 Contratiempo, altro giallo che pure ha avuto dei remake internazionali, fra cui l’italiano Il testimone invisibile e l’eccellente coreano Confession (Jabaek) di Yoon Jong-seok, visto al Far East Film Festival 2022. Anche in Contratiempo l’intero svolgimento viene ribaltato dalla rivelazione finale di una simulazione che ridefinisce tutto il film; però in questo caso (almeno nel film coreano) il gioco di prestigio era perfettamente riuscito e lo sviluppo appariva del tutto credibile. Se lo menziono, non tanto è per paragonarvi sfavorevolmente Il corpo quanto per far notare la somiglianza strutturale fra le due storie.
Attrice dotata e coraggiosa, Claudia Gerini, che esibisce una splendida nudità sia da viva sia da morta, è la migliore in campo, tratteggiando un ottimo ritratto di dark lady borghese: in fondo non chiede altro che di godersi il marito, al quale ama fare scherzi cattivi (esagerata ma bella la scena della piscina). Giuseppe Battiston è bravo come sempre, sebbene l’implausibilità di cui si è detto pesi molto sul suo personaggio. Altri personaggi o non hanno gran consistenza o escono dal film letteralmente circonfusi da un’aura di incredibilità assoluta. La buona regia di Vincenzo Alfieri, coadiuvato dall’abile montaggio dello stesso e dalla fotografia di Andrea Reitano, è fondamentale nel tener su il film.