domenica 1 agosto 2021

Old

M. Night Shyamalan

Il cinema – per usare una frase continuamente ripetuta – è la morte al lavoro. Old, scritto e diretto da M. Night Shyamalan, amplifica questo concetto e gli dà un significato nuovo, spostandolo dall'evidenza fotografica per trasferirlo all'interno dello sviluppo narrativo. Purtroppo, pur contenendo molto di bello, va considerato il tipico bel film non riuscito, fondamentalmente per ragioni di sceneggiatura, e in particolare crolla nel finale. Nota bene: un film costruito come Old si può criticare solo rassegnandosi agli spoiler – quindi la presente recensione è riservata a chi lo ha già visto.
Alcuni nuovi ospiti di un resort di lusso sono invitati dal direttore a visitare una spiaggia isolata, riservata ad ospiti selezionati. Il vecchio cartello “Off Limits” e gli uccellacci sui rami sullo sterrato sono già segnali malauguranti agli occhi degli spettatori – ma gli ospiti, comprensibilmente, sono ben lieti di raggiungere la spiaggia. Qui però scoprono con orrore che su questa spiaggia il corpo invecchia in modo paurosamente veloce (mezzora equivale a un anno). Una possibile teoria esposta nel film comprende il magnetismo terrestre e la composizione delle rocce. I bambini diventano adolescenti e poi adulti, gli adulti invecchiano, i vecchi muoiono, nel giro di due giorni. Non è possibile fuggire: chi prova ad allontanarsi, via terra o nuotando in mare, sviene (e se è in mare annega). Intanto qualcuno spia dall'alto del crinale.
Giustamente l'apertura, con l'arrivo a questo resort lussuoso, ha i colori brillanti di un filmato pubblicitario. Old parte assai bene, perché l'inizio lancia diverse allusioni al tema base del film, che è il Tempo. Ad esempio la protagonista dice a sua figlia lodando la sua voce mentre canta: “Non vedo l'ora di sentirla quando sarai grande”. Oppure, in un litigio con suo marito Guy: “Non fai altro che pensare al futuro!” - “E tu al passato... un maledetto museo!”
Chissà poi se tutti si sono accorti che lo stesso nome della protagonista, Prisca, allude al tempo che passa (ed è tanto più appropriato che lavori in un museo). Anche altri nomi posseggono un significato allegorico. Il marito di Prisca, Guy, replica il concetto di everyman (come nome comune un guy è “un tizio”). Mentre la bellezza del gruppo, Crystal, porta nel suo nome il doppio attributo del cristallo: lo splendore e la fragilità.
La spiaggia maledetta è dunque una rappresentazione concentrata del tempo, il grande ladro che ci ruba la vita e con essa la bellezza, la salute, e tutte le speranze. L'aspetto terribile è appunto quest'accelerazione. Chiusi in uno spazio esteso ma egualmente claustrofobico fra rocce e l'acqua (Shyamalan è sempre stato un maestro nel vivificare in modo inquietante la natura; va detto che qui la sua mdp appare meno mobile che, per esempio, in The Village), i membri del gruppetto si trovano di fronte questo nemico metafisico. I piccoli nella forma di una crescita dall'infanzia all'adolescenza all'età adulta in un giorno (il dialogo rende piuttosto bene il modificarsi della personalità, del modo di vedere le cose; gli adulti nella forma della decadenza fisica – e Crystal è quella del gruppo che più è sconvolta dalla perdita della bellezza, rintanandosi in una caverna.
Appunto per sottolineare il concetto del tempo come ladro di giovinezza e di bellezza, Shyamalan ricorre al fascino del corpo femminile in modo inconsueto nel contesto del neopuritanesimo isterico dei nostri giorni. Lo si vede nella giovane bionda che all'inizio si spoglia nuda e si tuffa in mare (è anche una reminiscenza de Lo squalo, naturalmente, solo invertendo i temi terra/mare e sicurezza/pericolo; è vero che la morte la coglie in mare, ma per altre cause). Idem, nell'avvenenza di cui va fiera Crystal, esibita nella sua mise a colazione e nel suo minuscolo bikini sulla spiaggia. Ma sono convinto che rientrino in questa logica anche le tre comparse femminili le cui splendide natiche attirano imperiosamente il nostro sguardo sulla spiaggia comune del resort.
La coppia formata da Prisca e Guy è l'unica che, stando accanto ai loro due figli, si rassegna tristemente all'inevitabile. L'accettazione, quasi sacrificale, della morte è un tema ricorrente nel cinema di Shyamalan – come sono suoi temi ricorrenti la famiglia e la maternità, e in queste scene vediamo “l'invecchiare in un giorno” di una famiglia, due coniugi e i loro figli, fino a raggiungere una comprensione reciproca (anche comprensione è parola shyamalaniana per eccellenza). In una scena toccante che è forse il vertice del film, Guy, ormai in preda alla senilità, dice a Prisca che non si ricorda perché avevano litigato, e poi muore. Prisca, che era rimasta lucida, si allontana dal corpo e dai due figli, fa qualche passo sulla spiaggia e muore, fuori campo, subito dopo. Questa concentrazione temporale del passaggio da trentenni decisi a separarsi a vecchi coniugi nel giro di poche ore è un esempio del barocchismo di Shyamalan che nella scena citata raggiunge un pathos prepotente.
Molte sono le scene riuscite nel film. Cito solo un momento di classico orrore shyamalaniano, la caduta all'indietro della ragazza che sviene mentre scala la parete rocciosa. Purtroppo, se c'è molto di buono, ci sono anche dei difetti che situano Old piuttosto in basso nella folgorante produzione dell'autore. Già nello svolgimento sulla spiaggia alcuni aspetti incrinano spiacevolmente il risultato complessivo. Penso al modo svogliato, quasi burocratico con cui viene introdotta ex abrupto la follia del medico. Al modo in cui viene sottoutilizzata la visione, da parte dei protagonisti, degli osservatori sul crinale. A un livello più immediato, l'opposizione fra la spiegazione inevitabile del perché i capelli e le unghie non crescono (si tratta di materia morta) e il fatto che il figlio della coppia, Trent, da adulto non sia precisamente glabro ma esibisca una barba di un giorno che lo rende cool.
Ma queste sono piccolezze rispetto alla “spiegazione” finale: il gruppo e i suoi predecessori sono cavie per una compagnia farmaceutica che li manda a morire sulla spiaggia maledetta per testare medicine loro somministrate, visto che gli effetti di una intera vita si possono osservare in un giorni. E' vero che Shyamalan nel suo cinema non può fare a meno del meccanismo del rovesciamento narrativo, ma questa soluzione farfetched produce un autentico effetto di anticlimax. Mi scuso per non conoscere il fumetto Castello di sabbia di Lévy e Peeters, cui Old è ispirato, ma credo che la presente soluzione sia tutta del film.
Siamo onesti: non solo il modo in cui viene propinata ai clienti la medicina da testare (in dose unica, poi?!) è di una faciloneria inaccettabile, ma tutto procedimento non regge sul piano della plausibilità. Si capiscono le esigenze di Big Pharma, ma costruire un finto resort per far scomparire in serie (73, apprendiamo) intere famiglie con un membro malato per studiare l'effetto accelerato di farmaci sperimentali... con il laboratorio vicino al resort chissà perché... è una complicazione surreale che (similitudine che capiranno gli appassionati di fumetti) sembra una macchina di Verbeek.
Il punto non sta mai nell'inventare una situazione fantastica quanto nel reggerla e nel darne una spiegazione plausibile all'interno del film: l'invenzione non dev'essere logica in sé, dev'essere accettabile nel contesto spettacolare, ovvero funzionare come ruota dell'ingranaggio narrativo – e in questo di solito Shyamalan riesce assai bene (per questo E venne il giorno, che non è meno oltranzista di Old sul piano dell'invenzione, gli è nettamente superiore). Altrimenti si perde l'arcinota sospensione volontaria dell'incredulità che è la condizione di base per qualunque racconto, e ancor più per qualunque racconto fantastico. In mancanza di ciò, lodare l'idea senza discutere la bontà della messa in scena equivale a lodare un prestigiatore per l'ambizione del programma di segare in due una donna senza ucciderla anziché apprezzare il modo in cui finge di segarla in due.

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