lunedì 5 luglio 2021

Jigoku-no-hanazono OFFICE ROYALE

Seki Kazuaki

L'impegnativo titolo Jigoku-no-hanazono OFFICE ROYALE si drappeggia su un film molto intelligente (oltre che terribilmente divertente) sotto la superficie programmaticamente silly. Esordio nel lungometraggio di Kazuaki Seki, si ambienta nel mondo delle OL (Office Lady), le impiegate delle grandi aziende, e si articola su due livelli.
Il primo sta nello spostare il concetto di lotte tra fazioni in ditta fra le impiegate al di fuori dell'uso metaforico. Lo annuncia bene una gag assai bella all'inizio: la voce narrante della protagonista Nao dice con calma che la vita in ufficio può comprendere aspetti di lotta tra fazioni; è ovvio, pensiamo; e poi vediamo una ragazza scaraventata contro un armadio che va a pezzi come in un film di kung fu. Non era una metafora!
Il film descrive – nelle forme dei film di yakuza “eroica” e dei jidaigeki – gli scontri per il dominio del territorio e per il titolo di OL più forte del Giappone, con l'ascesa di una lottatrice fortissima che in scontri ultra-fisici (ma senza scomporre la sua aria tranquilla e mediocremente elegante) sconfigge le avversarie a capo di gruppi di potere (femminile) e li incorpora nel proprio. Nota che questa lottatrice fortissima non è la protagonista Nao, che si limita a guardarla ammirandola e non partecipa a queste lotte, anzi, lei e le sue due amiche sono il quadretto della OL “regolare”. Sarebbe uno spoiler spiacevole descrivere come continua; basti dire che c'è in serbo una grossa sorpresa. Non manca (ed è una scena geniale) la classica pagina in cui l'eroina sconfitta va prendere lezioni da una insuperabile maestra (sensei).
E gli uomini? Gli uomini compaiono in questo quadro di lotte fisiche femminili come puri esempi di uomo-oggetto. Aggiungo che quando gli scontri salgono a un livello superiore alcune delle più temibili donne combattenti sono comicamente interpretate da uomini en travesti.
Passiamo ora al secondo livello del film, quello metanarrativo. Continuamente la voce narrante (che non è solo quella di Nao) fa riferimenti al fumetto, ora con l'artificio comico del finto distanziamento (“Sembra un fumetto”, sentiamo ripetere, con riferimento al “reale” della diegesi), ora direttamente col richiamo alle regole narrative del fumetto, ossia disquisendo sul classico ruolo del compagno dell'eroe. Perché questa è la preoccupazione dei personaggi: sono io l'eroe, o sono solo il suo compagno? Anche nello scontro finale sentiamo: chi vince è l'eroe, chi perde è un personaggio di supporto.
Solo che, infine, la conclusione riprende e supera la metafora sulle “lotte” iniziale. Geniale.

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