Non
è per nulla che rispunta Shakespeare nel Winston
vs Churchill
magnificamente interpretato da Giuseppe Battiston al Palamostre di
Udine per Teatro Contatto (tratto da Churchill,
il vizio della democrazia
di Carlo Gabardini), per la regia di Paolo Rota. Anche se non fosse citato, basterebbe il testo a
richiamarlo: incentrato com'è sulla shakespeariana contraddizione
irriducibile fra i grandi uomini e i piccoli (cui dà voce con
bravura Maria Roveran nel ruolo dell'infermiera). Val la pena di
ricordare che Battiston è stato nel 2013 un memorabile Macbeth.
Ecco
Churchill alla fine della sua vita: fisicamente fragile ma più che
mai imponente (il modo in cui si staglia davanti al pubblico nella
sua vestaglia rossa!); ora acido della petulanza sarcastica dei
vecchi, ora gigantesco e solenne; Churchill che nasconde i sigari,
proibiti dal medico, nel bastone cavo come Charles Laughton in
Testimone
d'accusa e
che litiga con l'infermiera, prima su piccolezze, poi mostrandoci in
modo accecante il fossato che esiste fra la vita quotidiana e la
Storia; che si confronta col suo passato fra orgoglio, dolore e
rabbia. Ora cresce a una grandezza fisica monumentale, nel rievocare
i suoi grandi momenti, quando come Atlante sorresse sulle spalle la
nostra civiltà (e sì, risentiamo anche il discorso delle “lacrime
e sangue”), ma anche nel rispolverare fieramente le sue battutacce
feroci – anche queste autentiche (“E' vero, io sono ubriaco. E tu
sei brutta. Ma domattina io sarò sobrio”). Ora si ingobbisce e
piange sotto l'attacco dei propri demoni, nel ricordare i disastrosi
fallimenti, come Gallipoli nella prima guerra mondiale, e le tragedie
familiari come il suicidio di una figlia.
Un
uomo soverchiante cui può dare corpo solo un attore soverchiante, un
Orson Welles – o un Giuseppe Battiston (che peraltro ha
interpretato proprio Welles in un monologo teatrale di qualche anno
fa). In un'interpretazione potentissima, che dà la sintesi profonda
di un carattere con una ricchezza travolgente di sfumature e
variazioni, con un'articolazione perfetta di corpo e di voce,
Battiston s'impadronisce del pubblico e lo conquista in modo
violento; prende in mano un testo non sempre risolutivo e lo
trasforma in carne e sangue. In una parola, diventa
Churchill;
e a spettacolo finito, quando si presenta al proscenio per
raccogliere gli applausi del pubblico, abbiamo l'impressione che sia
ancora Winston Churchill che abbiamo davanti.
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