E'
un peccato che il titolo La ruota delle meraviglie compaia
solo sui manifesti e non sulla copia (che fa testo), per cui a rigor
filologico il film di Woody Allen si chiama anche in versione
italiana Wonder Wheel. E' un peccato perché La ruota delle
meraviglie rende bene la grande metafora che presiede al film:
che è una riflessione tragica (e infatti si cita la tragedia greca)
sulla potenza del Fato, l'ananke – che oggi chiamiamo caso –
in contrapposizione ai nostri miseri tentativi di governare le nostre
vite.
Wonder
Wheel appartiene (come
Whatever Works, per
esempio) al novero dei film metacinematografici di Allen: il
narratore (Justin Timberlake), che è il bagnino Mickey nella Coney
Island degli anni '50, interpella gli spettatori guardando in
macchina e confida loro sviluppi, commenti, riflessioni. Personaggio
importante ma non protagonista, questo giovane bagnino aspirante
scrittore è uno dei classici intellettuali presuntuosi e mediocri
di Woody Allen (con una parentela particolare col protagonista di
Pallottole su Broadway, un
film che avremo ancora motivo di citare).
Parimenti
è un classico di Woody Allen l'irruzione di un elemento imprevisto –
un artificio più o meno soprannaturale oppure, come qui, una visita
inaspettata – che mette in crisi un equilibrio. Il film è la
storia di Ginny, attrice fallita diventata cameriera, che vive col
poco amato secondo marito Humpty, un ex alcoolista che lavora al
parco divertimenti. Diciamo subito che le interpretazioni nei due
ruoli di Kate Winslet (senza sorpresa) e di Jim Belushi (questa sì è
una sorpresa) sono assolutamente eccezionali.
La
vita di Ginny è una totale frustrazione, somatizzata nel mal di
testa: i ricordi del palcoscenico, il senso di colpa relativo alla
fine del primo matrimonio, la povertà familiare; in più, il suo
figlio di primo letto è un bambino piromane (purtroppo il piccolo
attore non è il Seth Green di Radio Days: non riesce a far
decollare il personaggio al di là della bella invenzione). Il suo
matrimonio con Humpty non la soddisfa, benché lui la ami nel suo
modo rustico (è puro Allen il suo discorso con gli amici circa il
temporaneo interesse femminile per la pesca come trucco per
accalappiare un uomo: “Ero il pesce”).
Tutt'a
un tratto si fa viva la figlia di primo letto del vedovo Humpty,
Carolina (Juno Temple), una bellezza superficiale e sbandata, la
quale aveva sposato un mafioso, rompendo all'epoca col padre, poi lo
ha abbandonato e ha pure parlato troppo con la polizia; adesso si
nasconde dai gangster del marito che la cercano per ucciderla.
Humpty, padre adorante, la accetta in famiglia, con ira di Ginny che
la detesta. In tutto questo intrigo, il cuore della vicenda è che
nasce una relazione adulterina di Mickey con Ginny, solo che poi lui
si innamora di Carolina...
Un
uomo che ha una relazione con una donna e poi si innamora della
figliastra di questa; un padre che (sbotta un'inviperita Ginny) ama
sua figlia più di quanto sia normale... E' un aspetto quasi
sconvolgente de La ruota delle meraviglie che Woody Allen qui
evochi per interposta persona fatti e fantasmi del proprio passato.
C'è
a un certo punto del film un fondamentale momento “dichiarativo”:
Mickey regala solennemente a Ginny un libro di opere di Eugene
O'Neill. E' una sorta di cartello innalzato per il pubblico: infatti
Wonder Wheel si concretizza interamente entro la temperie del
teatro americano, fra Eugene O'Neill e Tennessee Williams (nota in
margine: siccome si parla anche della tragedia greca, non sarà
inutile ricordare che O'Neill ha portato la tragedia greca nella
società americana: Il lutto si addice a Elettra). Nel film è
“o'neilliano” lo svolgimento, basato sulla potenza del destino e
sulla colpa, ma anche il linguaggio filmico. Se O'Neill è
caratterizzato dalla “combinazione di un realismo deliberatamente
prosastico con una tecnica espressionistica audacemente inventiva”
(Marcus Cunliffe, Storia della letteratura americana), questo
secondo elemento emerge nel film tramite la fotografia di Vittorio
Storaro (e non del regular di Allen Carlo Di Palma): vedi il
pesante alternarsi di luce color ambra e azzurra che “bagna” i
drammatici primissimi piani nel colloquio fra Ginny e Mickey sul
senso di colpa.
Per
inciso, nella citazione precedente si rispecchia perfettamente la
storia della scrittura e poi della messa in scena della pièce
interna al film nel vecchio capolavoro di Allen Pallottole su
Broadway, che è un'imitazione parodistica (basta pensare alla
vera origine degli spari fuori campo) della tecnica teatrale
o'neilliana.
E
Tennesse William entra in campo nella potentissima scena finale di
Kate Winslet, vestita di bianco con un fiocco rosa nei capelli,
pesantemente truccata, col rossetto un po' sbavato – che richiama
con evidenza la Blanche DuBois di Un tram che si chiama desiderio.
In questa scena mirabile, prima un classico monologo teatrale, poi un
dialogo straziante prima con Mickey e poi con Humpty, la stessa
posizione dei personaggi è simile a quella degli attori sul
palcoscenico. Mentre il linguaggio cinematografico vi apporta un “di
più” col movimento avanti della mdp fino al primissimo piano.
Woody
Allen, che è apparso piuttosto stanco nei suoi ultimi film
(compreso, a parere di chi scrive, Café Society), sembra
riprendere in questo dramma disperato l'inventiva registica di tempi
migliori. Un solo esempio, minimo ma notevole: a un certo punto,
verso la fine, il bambino piromane dà fuoco alle carte nel cestino
della sua psicoanalista e poi fugge in strada. Mentre corre lo
vediamo passare davanti a una vetrina di Undertaker (pompe
funebri): è un segno di sventura; e infatti uno stacco
geniale ci porta al tragico incontro sulla spiaggia tra Ginny e
Mickey, lei speranzosa e innamorata, lui freddamente deciso ad
abbandonarla.
E'
un carosello di anime perdute, più per la crudeltà dell'ananke
che per consapevole malvagità. A un certo punto vediamo in un cinema
il manifesto di Winchester '73 di Mann – ma in questo
universo desolato i film non sono più lezioni di vita come in altre
opere alleniane. In questa mediocrità generale, l'unico
personaggio a illuminarsi di una luce eroica è – inaspettatamente
– il rozzo e sperduto Humpty. Il film si chiude su un nero affresco
che chiama pietà per tutti.
Purtroppo
Woody Allen non è diventato uno di quei “grandi vecchi” che
sanno trasformare il peso e la saggezza dell'aetas gravis in
una serie di capolavori (Eastwood, per dirne uno). Possiamo presumere
che non ci darà più gioielli come Zelig o Pallottole su
Broadway o Crimini e
misfatti. Ma indubbiamente nella sua produzione recente Wonder
Wheel è il suo miglior film dai tempi di Blue Jasmine.
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