A
prescindere dalla questione se Hillary Clinton diventerà il primo
Presidente donna (speriamo di sì, anche visto l'opponente), comunque
un passo avanti nell'eguaglianza di genere è già arrivato: dai
Ghostbusters siamo passati alle Ghostbusters.
Bisogna
diffidare dei remake – però il nuovo Ghostbusters di
Paul Feig è inaspettatamente piacevole. Non che superi o eguagli il
film originale di Ivan Reitman; sarebbe chiedere troppo; ma si fa
guardare volentieri, ed evita le Scilla e Cariddi dei remake, fra la
riproposizione piatta e il revisionismo sfacciato. Del resto il film
ha la benedizione dei vecchi autori, con Reitman e Dan Aykroyd in
veste di produttori esecutivi, e con le apparizioni di Aykroyd ed
Ernie Hudson, nonché, più consistenti, di Bill Murray come
scienziato scettico alla Piero Angela e Sigourney Weaver come
dottoressa mentore della più scatenata delle Ghostbusters (“Le
luci di sicurezza sono da maschi”).
Al
posto di Bill Murray, Dan Aykroyd & C. scendono in campo Melissa
McCarthy, entusiastica leader del gruppo, Kristen Wiig, scienziata
“seria” in tailleur catapultata nel gruppo a causa dei suoi
trascorsi giovanili, e Kate McKinnon – forse la migliore del
trio – che nel ruolo dell'inventrice Holtzmann riesce a
tirar fuori la figura del picchiatello integrale (all'inizio ha uno
sguardo di follia alla Christopher Lloyd) mantenendo un raro senso di
umanità e simpatia. Si aggiunge strada facendo Leslie Jones in un
ruolo di proletaria nera no-nonsense sulla
strada aperta tanti anni fa da Whoopi
Goldberg. Contestualmente a
questa inversione di genere, la classica dumb blonde
da commedia viene sostituita da un biondone palestrato che quanto a
dumb non la cede a
nessuno (uno
spiritoso Chris Hemsworth).
E'
un gruppo di attrici i cui curriculum si sono spesso intrecciati
nelle commedie, anche sotto la direzione di Paul Feig (Melissa
McCarthy era deliziosa in Spy), e per la partecipazione al
Saturday Night Live (ecco
un altro
trait d'union col
primo Ghostbusters),
per
il quale vanno ricordate
le impersonificazioni
di Kate McKinnon –
fra cui Angela Merkel! Non stupisce quindi che si noti un
certo spostamento verso il terreno della commedia di caratteri; ma
questo sembra più conseguenza di una certa debolezza dell'“azione”
principale (di cui parleremo fra poco) che di una scelta a priori. In
altri termini, il film resta un Ghostbusters al femminile, non
una parodia femminile di Ghostbusters come Spy lo era
di James Bond e Mission: Impossible. La costruzione narrativa
del modo in cui si forma il gruppo (incentrata su Kristen Wiig, che
si trova inguaiata presso le autorità accademiche per un vecchio
libro sui fantasmi pubblicato in passato assieme a Melissa McCarthy)
è sciolta e brillante. Da non perdere in questa prima parte Steve
Higgins (Saturday Night Live anche lui), bravissimo in un
ruolo alla Jack Black.
Il
primo Ghostbusters si
apriva con uno spettro realmente spooky, la vecchia signora
nella biblioteca, in modo da fissare l'atmosfera della classica
commedia horror: vale sempre la vecchia lezione de Il cervello di
Frankenstein con Gianni e Pinotto accanto a Bela Lugosi e Lon
Chaney jr.: ossia, non puoi ridere dei mostri se non sono almeno un
po' inquietanti. Il nuovo film replica questo concetto ampliandolo,
col fantasma ben realizzato dell'assassina Gertrud Oldridge. Non
manca poi un accenno ironico a come negli ultimi decenni la vita si
sia spostata sempre più verso il dominio del finto: quando
uno spettro demoniaco si materializza al concerto di Ozzy Osbourne,
il pubblico sulle prime è contentissimo, prendendolo per un effetto
speciale; per non dire dello scetticismo che accoglie su Internet la
registrazione delle imprese delle tre.
Come
nel Ghostbusters
originale,
l'aspetto procedural
e
quotidiano del
mestiere di acchiappafantasmi si
trasforma in una sfida disperata quando il team ha a che fare con una
minaccia realmente apocalittica. Qui sorge però il problema maggiore
del nuovo film.
Il
vecchio Ghostbusters
incrociava
felicemente due elementi: l'ottima
caratterizzazione
del gruppo protagonista (sorretta da un dialogo volgarissimo e
memorabile) e l'avventura centrale, costruita in modo eccellente, che
si reggeva su un background culturale dal nero fascino, perfettamente
trascritto in termini scenografici dal grande John
DeCuir:
il grattacielo mistico costruito da un architetto occultista (può
esserci un'influenza di Dario Argento?), onde si rimaterializza a New
York la terribile dea sumerica Gozer. Come potremo mai dimenticare il
Mastro di Chiavi
che
si aggira alla
ricerca del Guardia di Porta?
Ora,
per il primo punto, col
nuovo Ghostbusters
ci siamo. Chiaro
che è impossibile essere all'altezza di qualsiasi gruppo che
comprenda Bill Murray, ma queste quattro signore hanno una bellissima
interazione ed è un piacere vederle. Anche
il dialogo, se non raggiunge la brillantezza del film
originale,
possiede
un pugno di battute
brillantemente sboccate
che
potrebbero
essere destinate alla stessa (imprevista) fortuna di quelle del
vecchio
film.
Ma
l'avventura, pur debitrice
del Ghostbusters
originale (lo
grida ai quattro venti),
non
ha, per così dire, la stessa pregnanza mitica; il
concetto non ha quel tocco abilmente
sinistro. E'
ben realizzata, con un buon uso
della CGI, con
un vero
elemento
di suspense nel “tuffo” nel vortice dimensionale; ma non crediamo
mai veramente che il mondo stia per finire. Al posto di una dea
abbiamo
solo un cretino (vox
populi
nel film) che libera un'ondata di fantasmi: la
sete di rivalsa di uno sfigato. E'
un'apocalisse, certo, ma un'apocalisse esclusivamente
comica.
Come
che sia, va
tenuto in considerazione il commento sentito da due bambine
felicissime all'uscita dalla sala: “Forte” - “Troppo forte!”
Il
nuovo Ghostbusters
non ha demeritato; e se le Ghostbusters al femminile torneranno sullo
schermo, ne saremo lieti.
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