venerdì 26 settembre 2014

Cinque donne intorno a Utamaro

Mizoguchi Kenji
Utamaro Kitagawa (1753 circa – 1806) è stato uno dei più grandi autori di ukiyo-e: “immagini del mondo fluttuante”, stampe realizzate mediante incisione su legno e dipinti che presentano con stile nuovo e vivido scene di natura e paesaggi, ritratti di famosi artisti del teatro, altri personaggi famosi come i lottatori di sumo, scene dei quartieri del piacere, ritratti di geisha e cortigiane, nonché scene erotiche (shunga). La loro produzione di massa le rendeva economicamente più accessibili dei dipinti. 
Pittura di carne e di sangue”, viene definita (da Seinosuke) l’arte di Utamaro, e giustamente – in un film privo di ogni orpello di “documentarismo artistico”, dove l’unica vera enunciazione delle opere di Utamaro si trova solo nella breve inquadratura finale – il suo disegno che meglio vediamo è quello realizzato sulla schiena della geisha Takasode, disegno che morirà con lei: la pittura assume la fragilità, l’essenza transeunte del corpo.
Utamaro è una parabola sull’artista e sulle difficoltà di esprimersi liberamente durante epoche di rigido conformismo, tema nel quale si può anche leggere un’allusione al controllo creativo e alla pressione culturale esercitata sugli artisti giapponesi prima sotto il regime militare e poi sotto l’occupazione americana. Ed è soprattutto un esempio della continua riflessione di Mizoguchi sul tema dell’artista e dell’arte, che rappresenta il suo modo necessario di rapportarsi all’esistenza. “Voglio disegnare!” urla Utamaro, costretto nelle manette, dopo la straziante sequenza dell’addio di Okita; e non appena - nella scena seguente - l’artista viene liberato, comincia a disegnare freneticamente dicendo: “Lo spirito di Okita, il corpo di una cortigiana, Oran che pesca… dipingerò la bellezza delle donne… una dopo l’altra!”. E' allo stesso tempo l’essenza dell’ispirazione di Utamaro e il riassunto del film: l’equiparazione fra Utamaro e Mizoguchi è compiuta.
  
(Mizoguchi Kenji. Un'implacabile perfezione, a cura di Cecilia Collaoni e Giorgio Placereani, Udine-Pordenone 2007)

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