domenica 31 agosto 2014

Jan Švankmajer


La casa di Praga dove abita appartenne a un alchimista. L’animatore surrealista Jan Švankmajer viene dalla Praga di Rodolfo II, la “Praga magica” di Ripellino: appartiene a quella cultura ceca che dall’epoca di Rodolfo, della ricerca alchemica e delle Wunderkammer (i musei delle meraviglie) ha mantenuto una sorta di “surrealismo naturale” che ha come costanti il grottesco e l’umorismo.
L’opera cinematografica di Jan Švankmajer - divertente e feroce, logica e delirante, assurda e poetica - è essa stessa una Wunderkammer; crea un mondo fantastico, una “Švankmajerland”, che però non è altro dal nostro ma intende, secondo il programma surrealista, arrivare al senso segreto delle cose. Ecco l’ossessione di Švankmajer: le cose, la loro vita segreta, la loro terribile irrequietezza, la loro malvagità, le loro trasformazioni. Nella magnifica e tragica love story in un minuto Carne innamorata, due bistecche si guardano, si amano, copulano (ansimando), si rotolano voluttuosamente nella farina - e vengono arpionate e messe a friggere.
Dunque un animatore, ma non anima disegni - Disney sta a Švankmajer come un albero sta a una nuvola - sebbene oggetti, materia tangibile, anche la concretezza malleabile dell’argilla e della plastilina (senza rinunciare alla presenza umana). La sua opera, molto variata sul piano tecnico, risponde a una costante esigenza di fisicità tattile e a quella che vorrei chiamare la densità dell’oggetto: la sua concretezza e la sua memoria intrinseca. “Gli oggetti, per me, sono sempre stati più vivi degli uomini. Più costanti e anche più eloquenti. Sono più eccitanti grazie al loro contenuto latente e alle loro memorie che superano di gran lunga la memoria dell’uomo” (J.S.).
Il surrealismo di Švankmajer si lega alla grande tradizione manierista e barocca praghese (di qui il suo amore per l’Arcimboldo). Vi ritroviamo Lewis Carroll e il romanzo gotico, Sade e Poe (c’è una versione de La caduta di Casa Usher bella quanto quella di Jean Epstein). Partito dal teatro delle marionette, che restano una delle presenze ritornanti nel suo cinema, lo humour nero di Švankmajer declina una serie compatta di temi, di figure, di ossessioni. La paura (come nel superbo In cantina, illustrazione definitiva delle paure infantili), il cibo (il mangiare e il mangiarsi), la distruzione: le incessanti metamorfosi e trasmutazioni che mettono in crisi qualsiasi tentativo di delimitazione (come Peter Greenaway, Švankmajer ci parla della impossibilità di qualsiasi enciclopedia). Fino all’esplosione dell’umorismo erotico nel bellissimo lungometraggio I cospiratori del piacere, che incrocia l’umano e l’oggetto (l’uomo pipistrello con ali di ombrello!) in un gigantesco progetto libertino, buffo in sé, eroico come rivolta contro l’ordine costituito. Rivolta... la parola numero uno della costituzione di Švankmajerland.

(Nickelodeon)

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