La
casa di Praga dove abita appartenne a un alchimista. L’animatore
surrealista Jan Švankmajer
viene dalla Praga di Rodolfo II, la “Praga magica” di Ripellino:
appartiene a quella cultura ceca che dall’epoca di Rodolfo, della
ricerca alchemica e delle Wunderkammer (i musei delle meraviglie) ha
mantenuto una sorta di “surrealismo naturale” che ha come
costanti il grottesco e l’umorismo.
L’opera
cinematografica di Jan Švankmajer - divertente e feroce, logica e
delirante, assurda e poetica - è essa stessa una Wunderkammer; crea
un mondo fantastico, una “Švankmajerland”,
che però non è altro
dal nostro ma intende, secondo il programma surrealista, arrivare al
senso segreto delle cose. Ecco l’ossessione di Švankmajer:
le cose, la loro vita segreta, la loro terribile irrequietezza, la
loro malvagità, le loro trasformazioni. Nella magnifica e tragica
love story in un minuto Carne
innamorata, due
bistecche si guardano, si amano, copulano (ansimando), si rotolano
voluttuosamente nella farina - e vengono arpionate e messe a
friggere.
Dunque
un animatore, ma non anima disegni - Disney sta a Švankmajer
come un albero sta a una nuvola - sebbene oggetti, materia tangibile,
anche la concretezza malleabile dell’argilla e della plastilina
(senza rinunciare alla presenza umana). La sua opera, molto variata
sul piano tecnico, risponde a una costante esigenza di fisicità
tattile e a quella che vorrei chiamare la densità
dell’oggetto: la sua concretezza e la sua memoria intrinseca. “Gli
oggetti, per me, sono sempre stati più vivi degli uomini. Più
costanti e anche più eloquenti. Sono più eccitanti grazie al loro
contenuto latente e alle loro memorie che superano di gran lunga la
memoria dell’uomo” (J.S.).
Il
surrealismo di Švankmajer
si lega alla grande tradizione manierista e barocca praghese (di qui
il suo amore per l’Arcimboldo). Vi ritroviamo Lewis Carroll e il
romanzo gotico, Sade e Poe (c’è una versione de La
caduta di Casa Usher
bella quanto quella di Jean Epstein). Partito dal teatro delle
marionette, che restano una delle presenze ritornanti nel suo cinema,
lo humour nero di Švankmajer
declina una serie compatta di temi, di figure, di ossessioni. La
paura (come nel superbo In
cantina, illustrazione
definitiva delle paure infantili), il cibo (il mangiare e il
mangiarsi), la distruzione: le incessanti metamorfosi e trasmutazioni
che mettono in crisi qualsiasi tentativo di delimitazione (come Peter
Greenaway, Švankmajer
ci parla della impossibilità di qualsiasi enciclopedia).
Fino all’esplosione dell’umorismo erotico nel bellissimo
lungometraggio I
cospiratori del piacere,
che incrocia l’umano e l’oggetto (l’uomo pipistrello con ali di
ombrello!) in un gigantesco progetto libertino, buffo in sé, eroico
come rivolta contro l’ordine costituito. Rivolta... la parola
numero uno della costituzione di Švankmajerland.
(Nickelodeon)
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